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La pellicola Rollei Infrared. Guida pratica sul campo e di sviluppo. Parte seconda.

 

Dopo il primo articolo sulla straordinaria pellicola Rollei Infrared che trovate sul mio blog qui ecco il video a l’articolo con una prova sul campo più dettagliata e il successivo sviluppo della pellicola.

Materiale occorrente.

A seconda del tipo di formato di pellicola ( la Rollei Infrared è disponibile in formato 135 24×36, 120 6×6, e in piana 4×5″ ) occorrerà ovviamente e innanzitutto una fotocamera. Questo lavoro è stato fatto con pellicola 24x36mm e ci concentreremo quindi su questo genere di fotocamere. E’ quindi sufficiente una qualsiasi fotocamera a pellicola, l’autofocus non solo è superfluo ma non è in grado di lavorare con il filtro inserito. Io ho utilizzato una Nikon FM3A e una Nikon FE: sono entrambe fotocamere manual focus che possono scattare anche in priorità di diaframmi, un’opzione che, vedremo tra breve, risulterà molto utile.

Come ottiche si usano di norma le focali grandangolari, ma è possibile lavorare anche con il classico 50mm piuttosto che con i medi tele e i teleobiettivi spinti

Occorre naturalmente un treppiedi perchè a causa del fatto che il filtro IR72 assorbe ben 4 stop di luce, è possibile dover ricorrere a tempi lunghi; il treppiedi poi assicura eventuali bracketing senza lo spostamento dell’inquadratura tra uno scatto e l’altro. Io ho utilizzato due differenti treppiedi Manfrotto, tra cui uno degli ultimi modelli Befree, leggeri, compatti ma al contempo estremamente robusti

Poi naturalmente è necessario un filtro IR: il filtro IR72 è disponibile di differenti marchi; uno dei più diffusi è il filtro Hoya R72 disponibile in diversi diametri, a partire da 46mm fino ad arrivare a 77mm. Suggerisco di acquistare il filtro del diametro corrispondente alla vostra focale con l’attacco filettato maggiore, per poi eventualmente ridurne il diametro con gli anelli di riduzione.

Un altro filtro IR molto efficace, che ho usato in questo articolo, è il Cokin 720-89B Infrared filter, distribuito in Italia da Fowa: si tratta di un filtro quadrato realizzato in metacrilato; si innesta nel suo portafltri dedicato e grazie a una serie di anelli in metallo si adatta alla filettatura di qualsiasi obiettivo.

Una livella a bolla da innestare sulla slitta portaflash della fotocamera è essenziale per posizionare la fotocamera sul treppiedi perfettamente in bolla.

Uno scatto a distanza è altresì raccomandato per evitare di premere direttamente il pulsante di scatto quando la macchina è su treppiedi, generando rischiosi micromossi.

Un esposimetro esterno è molto utile: l’esposimetro della fotocamera, quando disponibile, non sempre riesce a dare una lettura accurata dell’esposizione quando il filtro è montato sull’obiettivo. Meglio quindi utilizzare un esposimetro esterno che andrà impostato su 25 ISO per effettuare la misurazione della luce, ed effettuare poi, comunque, un bracketing di esposizione. Io ho utilizzato un esposimetro Sekonic L-308X Flashmate che lavora sia in luce incidente che in luce riflessa con ottimi risultati.

L’esposizione utilizzando un esposimetro esterno.

In questo caso, per eseguire l’esposizione per lo scatto in modalità pancromatica – senza filtro – l’esposimetro, qui un Sekonic L-308X Flashmate,  andrà settato su 400 ISO. A giudizio e abitudine personale se prendere l’esposizione in luce incidente o riflessa. Nelle immagini a corredo: a sinistra l’esposimetro settato a 400 ISO propone in luce incidente f/5,6.2 e 1/250 di sec. Al centro, con l’esposimetro settato a 25 ISO, sempre in luce incidente l’accoppiata cambia, mantenendo sempre f/5.6,2 ma a 1/15 di sec.: esattamente 4 stop in più. Nell’immagine di destra, sempre a 25 ISO, puntando la fotocellula sul prato, l’accoppiata tempo/diaframma, sempre a 25 ISO, è rimasta identica.

L’esposizione utilizzando l’esposimetro della fotocamera in modalità manuale.

Dopo aver caricato la fotocamera in luce attenuata, soprattutto se si tratta della pellicola in formato 24x36mm – la sua base in P.E.T. fa da conduttore di luce, come una fibra ottica, e se non viene caricata in luce molto attenuata rischia di compromettere il o i primi fotogrammi – si passa all’esposizione. Sia per l’esposizione in modalità pancromatica che IR si imposterà l’esposimetro della fotocamera su 400 ISO. Non sarà un problema leggere il dato esposimetrico nel mirino in modalità pancromatica, ovvero senza il filtro IR innestato. Con il filtro IR innestato la visibilità nel mirino è pessocchè nulla, sia per l’inquadratura – che va effettuata prima, e questo è uno dei motivi per cui si raccomanda il treppiedi – che per la lettura dei dati esposimetri, in diversi casi, come in questo: la Nikon FE infatti ha un esposimetro interno ad ago che risulta non leggibile con il filtro montato, ma il problema della leggibilità dei dati non si pone se si utilizzano fotocamera a pellicola con display interno retroilluminato.. Lavorando quindi un modalità manuale,con fotocamera con esposimetro ad ago, prima di inserire il filtro sull’obiettivo, quando si vuole scattare in IR, bisognerà settare l’esposimetro della fotocamera su 25 ISO, leggere il dato di esposizione risultante e adeguare il diaframma e il tempo di scatto al dato ottenuto, per poi rimontare un filtro sull’ottica. Cominciamo con il settaggio a 25 ISO. Primo scatto, se vi garba, in pancromatico, per vedere la differenza, settando l’esposimetro a 400 ISO; secondo scatto a 25 ISO prendendo l’esposizione PRIMA di inserire il filtro davanti all’ottica, a seguire bracketing manuale agendo sui tempi di scatto: 0, +1, -1, o con la sequenza che preferite, qui 1/30, 1/15, 1/60 di sec.

L’esposizione utilizzando l’esposimetro della fotocamera in modalità semiautomatica.

In questo caso l’esposimetro della fotocamera va settato su 400 ISO, la ghiera dei modi di esposizione su A ( priorità di diaframmi, quando disponibile ) e dopo aver fatto l’inquadratura e il fuoco si innesta davanti all’oculare un coprioculare, a meno che la macchina non disponga di coprioculare integrato. In questo modo si eviterà, scostandosi dal treppiedi, che la luce che penetra attraverso l’oculare durante l’esposizione in modalità semiautomatica, vada ad inficiare l’esposizione, di norma sottoesponendola. Si regola il diaframma  a piacere lasciando alla fotocamera il compito di impostare in automatico il tempo di posa.

Il bracketing di esposizione utilizzando l’esposimetro della fotocamera in modalità semiautomatica.

In questo caso l’esposimetro della fotocamera va settato su 400 ISO, la ghiera dei modi di esposizione su A ( priorità di diaframmi, quando disponibile ) e dopo aver fatto l’inquadratura e il fuoco si innesta davanti all’oculare un coprioculare, a meno che la macchina non disponga di coprioculare integrato. In questo modo si eviterà, scostandosi dal treppiedi, che la luce che penetra attraverso l’oculare durante l’esposizione in modalità semiautomatica, vada ad inficiare l’esposizione, di norma sottoesponendola .A questo ponte si avvita il filtro IR davanti all’obiettivo.Nonostante la Nikon FE disponga di una ghiera dei tempi da 1/1000 a 8 secondo di posa e la stessa escursione in modalità semiautomatica, in questo caso i tempi vanno ben oltre gli 8 secondi, superando in alcuni casi il minuto di posa. Quando i tempi previsti o impostati superano il secondo di posa, non va dimenticato l’effetto di non reciprocità; ovvero i tempi andranno in proporzione allungati a seconda del tempo di posa desiderato o autoimopostato dalla fotocamera.

Lo scatto.

E’ venuto il momento di scattare.

Procuratevi un taccuino su cui registrare minuziosamente per ogni scatto l’accoppiata tempo/diaframma suggerita dall’esposimetro, l’effettivo diaframma e tempo impostato, per ogni scatto, bracketing compresi. In modalità semiautomatica sarà molto difficile, con fotocamere come la FE, prive di display interni retroilluminati, appuntarsi lo scatto selezionato dalla fotocamera; appuntatevi solo il fatto che state lavorando a priorità di diaframma e il diaframma di lavoro.

Usate tassativamente uno scatto a filo o a distanza per scongiurare il micromosso con la macchina ben salda su treppiedi, in alternativa, attivate l’autoscatto. In fotocamera come la Nikon FE, FE2, FM, FM2, FM3A, l’attivazione dell’autoscatto produce innanzitutto l’alzo intenzionale dello specchio, che certo non guasta nel momento dell’apertura dell’otturatore, scongiurando altro potenziale micromosso. Scattate quando vi è possibile anche un’immagine a colori così da poter poi confrontare gli scatti ottenuti in bianco e nero con l’effettiva situazione a colori. Fate sempre anche uno scatto senza filtro, in modalità pancromatica, per valutare poi la differenza tra questo e lo scatto in modalità iperpancromatica. Col filtro innestato usate sempre il paraluce o una “bandiera” – un supporto nero -, basta anche un cartoncino – per tenere perfettamente in ombra la lente frontale. Col tempo affinerete la tecnica e avrete bisogno di bracketing magari di soli due scatti, ma bisogna fare attenzione, perchè la quantità di radiazione infrarossa che illumina la scena non è misurabile, nè la riflessione della medesima da parte dei vari soggetti. Con un cielo sereno abbiate cura di fare un bracketing accurato: un cielo fotografato in IR che risulti sovraesposto rende vana l’attesa di ottenere un cielo perfettamente trasparente sul negativo, e di conseguenza completamente nero sulla stampa finale. E non sempre in fase di stampa è possibile “bruciare le aree di cielo che andrebbero scurite, senza inquinare anche parti che non devono essere bruciate, come le nuvole, le sommità degli alberi o dei palazzi.

L’obiettivo Lensbaby Velvet

Come anticipato, ho provato a utilizzare questo particolare obiettivo, il Velvet Lensbaby 56mm f/1,6. La particolarità è data da una voluta aberrazione sferica che tende a ridursi fino poi a sparire completamente già diaframmando a f/4. L’idea era quella di sfruttare l’aberrazione sferica a tutta apertura per “simulare” l’effetto Aura tipico della pellicola Kodak Infrared: mancando di strato antialo, la Kodak Infrared creava una sorta di aureola soffusa intorno ai soggetti luminosi su fondo scuro. Con il Velvet l’effetto è stato ottenuto, ma in modo troppo marcato – anche per il fatto che ho lavorato a tutta apertura -; andrà sperimentato ad aperture intermedie o bisognerà provare ad utilizzare dei filtri soft o duty per vedere se in questo caso l’effetto Aura sarà accettabile.

Nelle immagini successive, a sinistra l’obiettivo Velvet Lensbaby, a destra ila rappresentazione grafica dell’aberrazione sferica.

Lo sviluppo

La Rollei Infrared può essere sviluppata con diversi tipi di sviluppo e a varie diluizioni.

Qui ho voluto provare uno sviluppo della italiana Bellini, l’Hydrofen, molto simile sia allo Studional di Agfa – non più in produzione – che al R09 Spezial, tutt’ora in produzione. la diluizione consigliata è normalmente 1+15 ma io l’ho dimezzata raddoppiando il tempo di sviluppo.

Una volta scaricato il negativo anche la fase di inserimento nella spirale necessita di qualche accortezza. naturalmente se il rullo è un 120 o è una pellicola piana 4×5″ non si pone alcun problema, visto che il caricamento nella tank avviene fin dall’inizio nel buio assoluto. Ma con i rulli 135, per coloro che sono usi estrarre alla luce dal rullino la coda della pellicola, anzichè “rompere” il rullino al buio, anche questa manovra deve essere fatta in luce attenuata, ed estraendo dal rullino solo pochissimi centimetri di pellicola. Una volta sagomata la pellicola, tagliando la coda, si imbocca la pellicola nella spirale e subito si spegne la luce per procedere al caricamento, così da scongiurare anche in questa fase il rischio del trasferimento di luce sui primi fotogrammi per conduzione ottica della base in P.E.T. della pellicola stessa. Ho utilizzato, sempre della Bellini, sia il bagno d’arresto che di fissaggio, a cui ho fatto seguire il lavaggio e il bagno finale in acqua depurata con aggiunta di imbibente. Grazie al fatto che la base è in P.E.T. e non in triacetato, la Rollei Infrared asciuga  a temperatura ambiente in meno di 30 minuti. Qui di seguito la formulazione del processo.

La chimica utilizzata per lo sviluppo della pellicola Rollei Infrared: in alto da sinistra: Bellini Hydrofen, Bellini Stop, Bellini Fissaggio e come imbibente il tradizionale WAC

I risultati

Il risultato finale è stato più che soddisfacente, sia sul piano della ripresa che sul procedimento di sviluppo. La differenza tra gli scatti realizzati in modalità pancromatica e IR sono stati notevoli, nonostante la vegetazione non fosse ancora rigogliosa. L’annerimento del cielo è stato perfetto. La gamma tonale mi ha ampiamente soddisfatto, così come la tenuta della grana, questo naturalmente grazie al tipo di sviluppo, alla bassa diluizione e alla conseguente allungamento del tempo di trattamento. Il bracketing si è rivelato più che necessario: in alcuni casi il negativo corretto è stato quello ottenuto con l’esatta corrispondenza dei dati forniti dall’esposimetro; in altri, come le foglie in controluce, lo scatto migliore è stato quello sottoesposto di 1 stop; in nessun caso lo scatto sovraesposto di uno stop è stato il migliore.

Qui sopra vediamo una striscia di bracketing IR, anticipata da uno scatto in modalità pancromatica, negativo e positivo. Da sinistra, primo fotogramma in modalità pancromatica, f/11, 1/500, secondo fotogramma con filtro IR, f/11, 1/30, terzo fotogramma con filtro IR, f/11, 1/15, quarto fotogramma con filtro IR, f/11 1/60. Notevole la differenza tra lo scatto pancromatico, dove il cielo è grigiastro e la betulla sembra completamente spoglia di foglie, e lo scatto IR, dove il cielo è completamente nero, le nuvole sono più evidenziate e sulla betulla sono molto evidenti le foglie, pur appena germogliate. Nei tre scatti IR quello col risultato migliore è il secondo, a f/11 e 1/15, che casualmente è proprio l’accoppiata tempo/diaframma che suggeriva l’esposimetro esterno, settato a 25 ISO.

 

Il backstage dello scatto. Il fogliame a colori è già relativamente evidente, ma nello scatto in modalità pancromatica si è completamente perso.

 

Un ingrandimento dei quattro scatti, sempre, da sinistra, l’immagine pancromatica e a seguire il bracketing in IR.

Da sinistra il backstage dello scatto, al centro lo scatto in modalità pancromatica, Velvet a f/1,6 1/1000, a destra in modalità IR, f/1,6 a 1/30 di secondo. L’effetto Aura è appena sufficiente, l’immagine risulta troppo morbida, a causa del diaframma completamente aperto che ha lasciato passare tutta l’aberrazione cromatica. L’immagine rimane comunque suggestiva.

Da sinistra il backstage dello scatto, al centro lo scatto in modalità pancromatica, Nikkor Ais 28mm  a f/11 1/250, a destra in modalità IR, f/11 a 1/30 di secondo. Il cielo, completamente sciapo nell’immagine pancromatica ha preso vita. la vegetazione arborea, non essendo caduca, non h risposto al meglio, mentre il prato in primo è risultato bianco innevato.

Uno scatto molto efficace di questo prunus che, pur fiorito, in IR ha messo in evidenza anche tutto il fogliame caduco appena sbocciato. Da sinistra il backstage dello scatto, al centro lo scatto in modalità pancromatica, Nikkor Ais 28mm  a f/11 1/500, a destra in modalità IR, f/11 a 1/30 di secondo. Il cielo, piuttosto scialbo nell’immagine pancromatica ha preso vita e ha evidenziato le nubi. La vegetazione arborea caduca si è resa molto più evidente, 

In alto a sinistra lo scatto a colori e a destra lo scatto in modalità pancromatica, a f/5,6 1/1000. E’  evidente l’altissima qualità del Velvet se usato senza filtro e con un diaframma intermedio

In basso a sinistra uno scatto in modalità IR a f/16 1/1000, a a destra a f/5,6 1/60 di secondo. Qui si nota la soppressione dell’aberrazione cromatica tra il diaframma tutto aperto e chiuso a f/5,6. E’ anche evidente il tipico aspetto della pelle a cera e la particolare restituizione dell’iride e della sclera.

In alto  sinistra un dettaglio, Velvet a f/16, e a destra a f/5,6. In basso a destra un dettaglio: sul negativo è stata appogiata una diottra decimillimetrata; a destra un dettaglio a f/5,6 sempre con Velvet che sul negativo misura solo 4 decimi di millimetro, ovvero meno di mezzo millimetro – a ogni stanghetta verticale corrisponde 1 decimo di millimetro -.. La grana è eccellente, la tenuta del dettaglio pure.

Durante lo shooting ho incontrato Andrea Morelli, un pastore impegnato nella faticosa transumanza, qui immortalato con i suoi fidatissi cani. Un esempio di utilizzo della Rollei Infrared come una “comune” pellicola bianco e nero da 400 ISO:

Durante lo shooting ho incontrato Andrea Morelli, un pastore impegnato nella faticosa transumanza, qui immortalato con i suoi fidatissi cani. Un esempio di utilizzo della Rollei Infrared come una “comunne” pellicola bianco e nero da 400 ISO:

Quasi al tramonto in una fosca giornata dicembrina, ho usato il filtro IR come un filtro ND; chiudendo a f/11 il diaframma e con l’assorbimento della luce del filtro, il tempo di posa si è allungata fino a sfiorare i 20 secondi, durante i quali il gregge ha continuato il suo inarrestabile movimento, ad eccezione di un agnello, immobile, che mi guardava.

Conclusioni.

Sono anni che utilizzo la pellicola Rollei Infrared e il suo fascino per me è rimasto immutato; anche se la compianta Kodak Infrared – di cui ho scritto nel mio blog qui – che risulta impagabile e inarrivabile ma soprattutto non più prodotta… – oltre che difficilissima sia da utilizzare che da esporre e sviluppare – rimane un must, la Rollei Infrared, con questa sua doppia aniuma di pellicola pancromatica e infrarossa, e col fatto che è disponibile sia nel piccolo, che nel medio e nel grande formato, è una pellicola versatile e che restituisce risultati eccellenti, sia usata in pancromatico che in IR. Il distributore per l’Italia, sia delle pellicole Rollei che della chimica Bellini è la Punto Foto Group di Milano.

Buon IR a tutti.

 

Il sottoscritto e mio nipote, Andrea Zambelli, che ha attivamente collaborato sia alla realizzazione delle immagini che al video a corredo.

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