+39 335 6619215‬ gerardobonomo@gmail.com

LAB-BOX: sviluppiamo una pellicola in modo tradizionale. prebagno, sviluppo, arresto, fissaggio, lavaggio

Siamo ormai arrivati al quarto articolo su LAB-BOX questa tank daylight che permette di compiere tutte le operazioni, compreso il caricamento della pellicola, sia 135 che 120, in PIENO SOLE.

Di questo prodotto mi sono già occupato in diversi miei articoli e tutorial, che trovate sul mio sito nell’articolo:

LAB-BOX: LA TANK PER SVILUPPARE LE PELLICOLE IN PIENA LUCE!

, sull’articolo  LAB-BOX. SVILUPPIAMO UNA PELLICOLA 135MM CON IL MONOBATH ARS IMAGO

e sull’articolo: LAB-BOX. SVILUPPIAMO UNA PELLICOLA 120 CON IL MONOBATH ARS IMAGO

Qui ho utilizzato la LAB-BOX come una tank “tradizionale” non usando quindi il prebagno ma tutto il canonico e completo procedimento d sviluppo in tank, ovvero prebagno, sviluppo, arresto, fissaggio e lavaggio.

I risultati: guardate il video, leggete l’articolo e… lo saprete !

 

 

La fotocamera impiegata: la Olympus Mju II

Ho utilizzato come fotocamera una Olympus Mju II, mia fedele compagna da oltre vent’anni.

Come noi tutti, siamo sempre stati alla ricerca di compatte a pellicola di elevata qualità ma di dimensioni contenute. Per parecchio tempo ho incrociato il mondo della Minox, a partire dalla straordinaria GT, splendida ma fragile e con un doppio difetto: minina distanza di messa a fuoco a solo 90 cm e messa a fuoco a stima. 

La Olympus Mjiu, erede del mitico “Uovo Robot” di Olympus, è una compatta ultraleggera, weatherproof – resiste agli schizzi d’acqua, non all’immersione nell’acqua come le fotocamere waterproof – completamente automatica. Il caricamento e il riavvolgimento della pellicola sono automatici, la messa a fuoco, AF, arriva fino a soli 35cm di distanza dal soggetto principale, incorpora un piccolo flash la cui potenza può essere modulata, può effettuare esposizioni in modalità spot con sensibilità esposimetrica da EV 1 a EV 17, dispone di codice DX per la lettura automatica della sensibilità della pellicola, può essere remotata con telecomando opzionale, si apre e si chiude con una sola mano e si scatta, anche, con una sola mano. 

 

 

Il cuore pulsante: l’obiettivo

La Mju II è armata con un 35mm, focale factorum, f/2.8 realizzata in 4 elementi – di cui uno asferico – in quattro gruppi. La qualità è assolutamente straordinaria, per una fotocamera di dimensioni così ridotte e che alla sua presentazione, nel 1997, costava meno di un centinaio di Euro, Disponibile solo in versione nera, venne prodotta anche in versione champagne con dorso data. Attualmente quasi impossibile da reperire nei negozi di fotografia come materiale usato ( non può essere garantita, essendo venuta  a mancare l’assistenza )  la si può comunque reperire in Rete negli annunci dei privati.

Una compatta DAVVERO tascabile, poco più alta e più spessa di un rocchetto di pellicola 24x36mm, è la macchina da avere sempre con sè, ed è in grado di fronteggiare, sul piano qualitativo, anche compatte più blasonate come le Minox o le Rollei 35. Certo, qui è impossible impostare tanto un tempo di scatto che un diaframma e l’obiettivo non ha una filettatura per utilizzare i filtri ma, à la guerre comme à la guerre… Poter focheggiare fino a soli 35cm di distanza, poter contare su un autofocus estremamente preciso, indossarla sopra la giacca  avento durante un furioso temporale estivo o una nevicata invernale, non hanno prezzo, Negli oltre vent’anni in cui mi ha accompagnato mi ha sempre dato enormi soddisfazioni e non ha mail fallito un fotogramma. Venne venduta in quattro milioni di esemplari, un numero immenso per l’epoca, anche perchè non parliamo di una compattina free focus ma di una macchina molto sofisticata e con un prezzo comunque di un certo rilievo.

 

 

Il retro e l’interno della fotocamera

La Olympus Mju II pesa solo 135 grammi ( senza batteria, attualmente disponibile sul mercato ) e ha dimensioni 108x59x35mm: peso e dimensioni di una saponetta consumata per metà. Il display a cristalli liquidi sul retro e relativa pulsanteria consente di attivare o disattivare il flash, di impostare la misurazione esposimetrica spot. All’interno del mirino un LED verde si accende quando la messa a fuoco si è correttamente impostata, uno rosso quando il flash è carico e pronto a scaricare il lampo. L’interno accoglie a malapena il rullino 135. Le guarnizioni lungo tutti i bordi son o di fatto degli o-ring che impediscono all’acqua di entrare.

Alla radice del successo: la Olympus XA, nickmane ” UOVO ROBOT” o ” Ovetto”

La Olympus XA è stata concepita nel 1979 da  Yoshihisa Maitani ed è stata prodotta con enorme successo fino al 1985. Priva di messa a fuoco, aveva quattro distanze prefissate che potevano essere selezionate dall’utente. la famiglia XA si evolse successivamente nei seguenti modelli:

  • Olympus XA: small rangefinder with aperture priority 35mm f/2.8 lens
  • Olympus XA1: simple mechanical camera with a selenium meter
  • Olympus XA2: scale focus camera, automatic shutter 35mm f/3.5 lens
  • Olympus XA3: Same as XA2 with “DX” automatic film speed recognition
  • Olympus XA4: distance focus camera, 28mm wide macro lens

 

 

Il crollo di un mito: le Olympus Mju zoom

La focale fissa, 35mm, incontrò molti consensi ma al contempo il mercato esigeva focali zoom, così anche Olympus dovette adattarsi e produsse una lunga serie di Mju armate da zoom dall’escursione focale sempre più pronunciate, violando in questo modo anche gli ingombri, le dimensioni e in parte le qualità ottiche. La la serie XA prima e la serie Mju a focale fissa in seconda battuta furono un successo epocale e ancora oggi, pur con qualche difficoltà, è possibile reperirle.

Alla radice del successo: la Olympus XA, nickmane ” UOVO ROBOT” o ” Ovetto”

La Olympus XA è stata concepita nel 1979 da  Yoshihisa Maitani ed è stata prodotta con enorme successo fino al 1985. Priva di messa a fuoco, aveva quattro distanze prefissate che potevano essere selezionate dall’utente. la famiglia XA si evolse successivamente nei seguenti modelli:

  • Olympus XA: small rangefinder with aperture priority 35mm f/2.8 lens
  • Olympus XA1: simple mechanical camera with a selenium meter
  • Olympus XA2: scale focus camera, automatic shutter 35mm f/3.5 lens
  • Olympus XA3: Same as XA2 with “DX” automatic film speed recognition
  • Olympus XA4: distance focus camera, 28mm wide macro lens

 

 

La Minox GT, la fotocamera preferita da Andy Warhol

 

Presentata nel 1981, la Minox GT fu una compatta assolutamente epocale. Obiettivo 35mm f/2.8, Priorità di diaframmi, regolazione dei diaframmi e della messa a fuoco – pur solo a stima – insospettabili tempi di scatto che in notturna arrivavano a superare i 2 minuti, molti la utilizzavano capovolta così che lo sportello di apertura schermasse la cellula esterna dell’esposimetro evitando che leggesse ampie porzioni di cielo sottoesponendo irrimediabilmente le immagini. Non si sa per quale ragione, ma la Minox GT si usava principalmente con la diapositiva, e l’esposizione doveva quindi essere da manuale. Corpo in ABS, slitta a contatto caldo per il flash, filetttaura per scatto a distanza sul pulsante di scatto, nel mirino era posibile leggere il tempo che avrebbe impostato la fotocamera mentre la ghiera dei tempi era visibile e alloggiata coassialmente all’obiettivo insieme alla ghiera di messa a fuoco, purtroppo fino a soli 90 cm di distanza e per di più a stima. 200 grammi di peso comprese le batterie con misure di 100 mm x 61 mm x 31 mm (W x H x D), quindi nuovamente una fotocamera ultraleggera e ultratascabile. L’otturatore < quattro lamelle – occhio di gatto – fungeva anche da diaframma. Il prezzo per l’epoca era piuttosto proibitivo. Alla GT seguirono altri modelli, fino ad arrivare alla top di gamma, la ML, con una lettura pià facilitata dei tempi di scatto nel mirino ma soprattutto il blocco dell’esposizione,

 

 

Da non dimenticare: la fortunata serie delle compatte Yashica T

Anche Yashica ha lasciato un segno nel mondo delle VERE compatte, con i modelli T, a loro volta weatherproof e armate di un mirino supplementare di tipo lambada – chaimato Superscope alloggiata sulla calotta superiore che permetteva di inquadrare con la fotocamera appoggiata anche sul pavimento per delle inquadrature assolutamente inusuali. Obiettivo Carl Zeiss Tessar 35mm f/3,5, quattro elementi in tre gruppi di cui uno T* (coated). ) tempi da 1 secondo di posa fino a 1/700, flash incorporato. Più pesante della Miu II 190 grammi batterie escluse, aveva dimensioni 118 (W) x 64.5 (H) x 39.5 (D) mm; quindi in sostanza più pesante, quasi il doppio e più ingombrante della mitica Mju, ma a sua volta geniale, con la scelta del doppio mirino.

 

 

LAB-BOX. guida all’utilizzo canonico a tre bagni.

Nei tre tutorial precedenti mi sono occupato di LAB- BOX usando il monobagno. Rapido, efficace, efficiente, per certo il monobagno ha enormi vantaggi in termini sia di facilitazione di utilizzo della chimica che di tempo da destinare al processo chimico.

Ma è chiaro che il sistema tradizionale, composto dai differenti passaggi, ovvero prepagno – per eliminare lo strato anti halo – , sviluppo, arresto, fissaggio, lavaggio, passaggio in acqua depurata e imbibente porta a risultati migliori.

 

 

 

Quanta soluzione? 300ml o 490ml ?

La LAB-BOX , indipendentemente dal tipo di pellicola impiegata, sia essa un 135 o un 120 ml, può lavorare in due modi: 300 ml e agitazione continua o 490ml e agitazione intermittente, di norma una rotazione ogni 30 secondi 

mentre tutte le tank tradizionali lavorano con 300ml di soluzione per il formato 135, nessuna tank al mondo – ad eccezione della compianta Rondinax 60, lavora con meno di 600ml di chimica. La LAB-BOX diventa di fatto la più ecnomica sviluppatrice per pellicole 120 al mondo – M non dimentichiamo che alla Rondinax 60 erano sufficienti 150ml di chimica per uno sviluppo PERFETTO, esattamente il doppio della Rondinax 35!!!

Per questo test ho lavorato con 300ml di soluzione, con rotazione continua, e diminuendo il tempo di sviluppo di un solo 5%, pur mantenendo una rotazione continua, senza ritrovarmi un negativo sovrasviluppato. Le istruzioni della Rondinax 35, invece, riportava significativi abbattimenti dei tempi di sviluppo a causa della rotazione continua.

 

 

 

Quanta soluzione? 300ml o 490ml ?

La LAB-BOX , indipendentemente dal tipo di pellicola impiegata, sia essa un 135 o un 120 ml, può lavorare in due modi: 300 ml e agitazione continua o 490ml e agitazione intermittente, di norma una rotazione ogni 30 secondi 

mentre tutte le tank tradizionali lavorano con 300ml di soluzione per il formato 135, nessuna tank al mondo – ad eccezione della compianta Rondinax 60, lavora con meno di 600ml di chimica. La LAB-BOX diventa di fatto la più ecnomica sviluppatrice per pellicole 120 al mondo – M non dimentichiamo che alla Rondinax 60 erano sufficienti 150ml di chimica per uno sviluppo PERFETTO, esattamente il doppio della Rondinax 35!!!

Per questo test ho lavorato con 300ml di soluzione, con rotazione continua, e diminuendo il tempo di sviluppo di un solo 5%, pur mantenendo una rotazione continua, senza ritrovarmi un negativo sovrasviluppato. Le istruzioni della Rondinax 35, invece, riportava significativi abbattimenti dei tempi di sviluppo a causa della rotazione continua.

 

 

 

Quanta soluzione? 300ml o 490ml ?

La LAB-BOX , indipendentemente dal tipo di pellicola impiegata, sia essa un 135 o un 120 ml, può lavorare in due modi: 300 ml e agitazione continua o 490ml e agitazione intermittente, di norma una rotazione ogni 30 secondi 

mentre tutte le tank tradizionali lavorano con 300ml di soluzione per il formato 135, nessuna tank al mondo – ad eccezione della compianta Rondinax 60, lavora con meno di 600ml di chimica. La LAB-BOX diventa di fatto la più ecnomica sviluppatrice per pellicole 120 al mondo – M non dimentichiamo che alla Rondinax 60 erano sufficienti 150ml di chimica per uno sviluppo PERFETTO, esattamente il doppio della Rondinax 35!!!

Per questo test ho lavorato con 300ml di soluzione, con rotazione continua, e diminuendo il tempo di sviluppo di un solo 5%, pur mantenendo una rotazione continua, senza ritrovarmi un negativo sovrasviluppato. Le istruzioni della Rondinax 35, invece, riportava significativi abbattimenti dei tempi di sviluppo a causa della rotazione continua.

 

 

 

Le istruzioni della Rondinax 35

Qui potete notare nelle istruzioni originali Rondinax come i tempi potevano venir variati a seconda della densità richiesta in sviluppo, dipendente in modo significativo proprio dalla rotazione continua

Bellini Hydrofen e Rollei Retro400S

IL Bellini Hydrofeb è uno sviluppo Made in Italy che riprende la formulazione del compianto Studional di Agfa, dell’altrettanto compianto Rodinal Special di Agfa e del – attualmente in produzione – R09 Spezial. Può essere diluito a 1+15 o a 1+31 – qui di nirma raddoppiando i tempi e permettendo un risultato finale decisamente migliore ( oltre a un risparmio del 50%.

 

Le tabelle di sviluppo del Bellino Hydrofen

Ecco le tabelle aggiornate, a sinistra di tutte le emulsioni tranne quelle di Rollei, a destra con anche i tempi per le empuslioni Rollei. Vi suggerisco ancora di lavorare con diluizione 1+31 raddoppiando i tempi di posa e anricipare lo sviluppo, anche in LAB-BOX, con un prebagno in acqua comune a 20 gradi per eliminate lo strati anti halo.

 

 

Rotore o crank ?

LAB-BOX viene fornita con un rotore che serve sia per caricare la pellicola nella spirale che ruotare la spirale durante lo sviluppo. Opzionale è disponibile il crank (manovella ). Da prove effettuate, la manovella, oltre a essere iù ergonomica, permette uns rotaxione più fluida, pur manuale, ed è possibile impostare così a piacere un movimento di rotazione pari a un certo numero di giri al minuto più omogeneo rispetto al rotore in dotazione

 

 

La Rollei Retro 400s

La Rollei Retro 400s è un’emulsione che deriva dalla Agfa :AVIPHOT PAN 400S PE1/PE0 

Raggiunge una risoluzione di 160 linee per millimetro, ed è disponibile, oltre che in formato 135 e 120 anche in bobine 135 da 17 e 30m. La base in P.E.T. le permette di asciugare in metà tempo – a parità di umidità e temperatura ambiente – rispetto alle tradizionali pellicole su base triacetato. Completamente priva di “maschera” la base è perfettamente cristallina e ben si sposta sia con stampe perfette che, se necessario, con eccellenti scansioni. La base in P.E.T., come già riferito, richiede più attenzione nel caricamento soprattutto nel formato 135 perchè il P.E.T. di fatto è una fibra ottica che conduce facilmente la luce attraverso la coda che sporge dalla pellicola vergine verso il suo interno. L’ideale – ma questi sono sofismi, sarebbe caricarla al buio assoluto. Diversamente si rischia un qualche inquinamento luminose – aree scure sulla pellicola sviluppata che posono arrivare al primo fotogramma e a volte oltrepassarlo. Il problema non si pone con la pellicola 120, che va comunque caricata e scaricata in luce attenuata. Essendo una pellicola iperpancromatica, se usata con il filtro Rosso 25A comincia a schiarire in modo evidente la vegetazione caudca, comportandosi, solo con il filtro innestato, come una sorta di proto pellicola Infrarossa.Adatta alla fotografia tradizionale, push e pull fino 2 stop.

 

La LAB-BOX sul campo con processo di sviluppo tradizionale.

La LAB-BOX, che fino ad oggi avevo utilizzato solo con il monobagno, si è comportata egregiamente anche con il sistema di sviluppo tradizionale. Un solo suggerimento, specie a chi utilizza una o al massimo due emulsioni preferenziali, è quella di testare la pellicola programmando un preciso numero di giri della spirale al minuto per valutare, a fine trattamento, se la rotazione è stata troppo aggressiva, sottotono, o corretta. Per il corretto uso e caricamento rimando ai miei articoli e tutorial che ho linkato nel primo capitolo. Il prossimo videotutorial sarà sulla LAB-BOX utilizzata con procedimento tradizionale, ma con 490 ml di soluzione e una rotazione ogni trenta secondi. Vi confermo, a dispetto di quanto riportato nelle istruzioni otiginali della LAB-BOX che la stessa è perfettamente compatibile anche con le pellicole il P.E.T. come la Rollei Retro 400s qui utilizzata: la taglierina separa perfettamente la pellicola dal rocchetto, senza indugi nè strappature. ( il problema con la pellicola 120 non si pone del tutto ).

 

 

 

La diottra non mente

Come di consueto, una riproduzione del negativo ottenuta con una Nikon D5600 e obiettivo AF-S Micro NIKKOR 60mm f/2.8G ED. Il punto di posizionamento della diottra non era il punto dove la macchina aveva focheggiato alla perfezione, ma il dettaglio viene comunque fuori, così come la grana, molto contenuta. la gamma tonale non è amplissima, così come la grana tende a essere leggermente vigorosa, questo per l’agitazione continua che andrebbe fatta con meno rotazioni al minuto. Notate come sempre i dettagli lunghi 1 mm sul negativo e quelli lunghi 1 decimo di millimetro!

 

 

 

CONCLUSIONI

La LAB-BOX ci ha convinto anche utilizzata in versione tradizionale, quindi non con monobagno ma con procedimento di prebagno/sviluppo/arresto/fissaggio/lavaggio/imbibente/asciugatura.

La Rollei Retro 400s si  è comportata molto bene anche se, come già riportato, le rotazioni al minuto dovevano essere meno per ampliare leggermente la gamma tonale.

La Miu II – che conosco da decenni – si è comportata in modo egregio, in un futuro farò un confronto tra il suo 35mm e un 35mm più blasonato di una reflex. Vedremo, ma non credo troveremo grandi differenze.

LAB-BOX si conferma quindi come un prodotto entry level da usare con il monobagno per chi non ha mai sviluppato ma che permette poi una naturale evoluzione al trattamento tradizionale.

Nel prossimo videotutorial mi occuperò dello sviluppo di una pellicola 120 utilizzando 490ml di chimica tradizionale e agendo con una rotazione ogni 30 secondi.

Alla prossima

 

Gerardo Bonomo

Iscriviti ai corsi di fotografia argentica

Scopri tutto...