Nikon FM3A: istruzioni per l’uso. Terza Parte: lo shooting
In questo terzo articolo e videotutorial sulla Nikon FM3A sarò sul campo sia per lo shooting a “largo campo” che per la fotografia a distanza ravvicinata e la Macro. La maggior parte delle informazioni sono comuni e applicabili alla maggior parte dei modelli di fotocamere Nikon e non presenti sul mercato e anche a molti concetti condivisi dalle fotocamere digitali.
Passerò in rassegna ogni possibile dettaglio di ripresa, qualcuno noto, altri meno, ma è importante rispettare la sequenza delle azioni nel processo analogico e farlo con una grande coerenza, sia nell’attrezzatura che nel metodo.
Perchè, come diceva il grande cardiochirurgo Christiaan Barnard, “Una catena è forte quanto il suo anello più debole.“
Buona visione e buona lettura a tutti
Gerardo Bonomo
Il treppiedi: la base di tutto
Come già più volte spiegato, il treppiedi è di fondamentale importanza e non solo in questo caso, usando cioè una pellicola Rollei RPX25 da 25 ISO, appunto, ma perchè è fondamentale per studiare l’inquadratura migliore ed eventualmente effettuare vari tipi di bracketing
Anche le teste non sono tutte uguali
Ecco la mia testa preferita, la Manfrotto MHXPRO-3WG, o X-PRO-Gerared-Head, una testa a tre movimenti indipendenti e micrometrica
Micrometrica ma sbloccabile
A seconda se si ruota una delle tre manopole micrometriche o si stringe la leva di sblocco questa testa permette di eseguire sia aggiustamenti micrometrici che movimenti ad amia rotazione. Naturalmente integra l’attacco rapido per poter agganciare e sganciare la fotocamera dalla testa in un istante. In più dispone di diverse livelle a bolla per la collimazione della medesima
Alluminio o carbonio ?
Il treppiedi che ho usato in questo shooting è un Manfrotto 190 CXPRO4 in carbonio, ora non più in produzione ma sostituito da una differente famiglia, sempre di 190, che si differenzia da un lato per la disponibilità sia in alluminio che in carbonio, dall’altro dal numero di sezioni delle gambe. Minori le sezioni maggiore la lunghezza da chiuso ma migliore la stabilità, e viceversa. Anche i nuovi 190 e 190GO! M Series come la serie precedente permettono la rotazione della testa fino a 90 gradi per riprese in pianta. Carbonio o alluminio, dicevamo? Io preferisco l’alluminio, più pesante da trasportare ma più stabile una volta posizionato e decisamente differente nel prezzo. La nuova serie ha differenti e più agevoli sistemi di serraggio delle sezioni delle gambe, oltre alla possibilità di divaricare le gambe ad angolazioni separate per abbassare il treppiedi per le riprese ground zero. E non vanno naturalmente dimeticati i 10 anni di garanzia. Sempre in casa Manfrotto la famiglia superiore è la 055: decisamente più robusti e allungabili, ma cominciano ad avere un peso importante durante il trasporto, mi riferisco a quelli in alluminio. Un 190 invece, oltre a reggere senza alcun problema qualsiasi fotocamera piccolo formato, sia analogica che digitale, regge senza problemi una medio formato come Hasselblad – non armata con lunghi fuochi – piuttosto che una Rolleiflex. Peccato la mancanza della colonna a cremagliera per innalzamenti e abbassamenti micrometrici, ma le colonne a cremagliera ormai sono di appannaggio solo di treppiedi tradizionali ” da studio “.
Livella a bolla e scatto a filo
Visto che lavoriamo su treppiedi la livella a bolla da innestare sulla testa è indispensabile per mettere appunto la macchina in bolla, anche, se, come vedremo ra poco, priva va messo in bolla il treppiedi e poi la testa e la macchina. Una livella a bolla a cubo contiene tre riferimenti che permettono di avere il controllo sui due assi sia quando si scatta con la macchina in orizzontale che in verticale; usando invece una tradizionale livella a bolla a due riferimenti, se dobbiamo passare dall’assetto orizzontale a quello verticale bisogna anche invertire la bolla; in questo caso non è necessario. Fondamentale anche lo scatto a filo, per evitare di muovere la fotocamera durante lo scatto premendo direttamente sul pulsante di scatto. Io però, a meno che non debba fare delle pose B consapevoli ( non in priorità di di diaframma ) preferisco usare l’autoscatto che nella Nikon FM3A per prima cosa solleva lo specchio, evitando che questo si ribalti una frazione di secondo prima dell’apertura delle tendine – quando si usa lo scatto a filo o si preme il pulsante di scatto – col rischio, anzi la certezza di innescare del micromosso, specie con i tempi medio lunghi, da 1/60 dino a 1 secondo di posa. Dopo ogni scatto, un suggerimento, levate lo scatto a filo: si dovesse impigliare in qualche modo potrebbe creare danni a sè stesso ma soprattutto all’attacco filettato del pulsante di scatto
Lo stazionamento del treppiedi
Per prima cosa va messo in bolla il treppiedi, il treppiedi, non la testa, o usando la livella a bolla integrata nella crociera del treppiedi o quella della testa, quella inferiore, che non è soggetta ad alcun possibile aggiustamento agendo sui movimenti della testa. In una parola, in questo modo, si fa sì che la colonna del treppiedi sia PERFETTAMENTE perpendicolare al terreno; questo permette al treppiedi di scaricare perfettamente a terra le vibrazioni generate dalla fotocamera
Lo stazionamento della testa
Solo a questo punto, agendo sui movimenti della testa, e traguardando la livella a bolla superiore, si metterà perfettamente in bolla la testa.
Lo stazionamento della fotocamera
Ora è possibile controllare la livella a bolla innestata sulla slitta portaflash della fotocamera e verificare se la fotocamera è perfettamente in bolla. Di solito si mantiene perfettamente in bolla l’orizzonte, mentre usando le leva che sblocca il movimento di tilt, quindi la possibilità di puntare verso il basso o vero l’alto la fotocamera si lavorerà sull’inquadratura ricercata, sempre che il tilt sia necessario; in molti casi la fotocamera non solo deve essere in bolla orizzontale ma anche verticale.
E quando non si dispone di un treppiedi convenzionale?
Esistono anche treppiedi tascabili, ingombro e peso nulla, ma per certi modelli, una grande resistenza e in grado di sopportare pesi notevoli. E’ il caso di questo vecchio ma indistruttibile treppiedi 209 di Manfrotto con testa a sfera e asta telescopica che gli permette da un lato di arrivare a una certa altezza, intorno ai 30 cm – il resto dell’altezza ve lo inventate appoggiandolo su qualche superificie stabile…
E grazie all’asta telescopica 409…
Oltre a poter elevare, pur relativamente, la fotocamera, è anche possibile basculare la testa per scattare in formato verticale. Tra l’altro il 209, a cui va poi aggiunta una mini testa a sfera, è ancora in produzione…
Il 209 con asta 409 al lavoro per riprese realmente a ground zero.
Micro Nikkor 55 mm f/2.8 AIs a f/2.8
E Micro Nikkor 55 mm f/2.8 AIs a f/11
Solo lavorando su treppiedi si riesce ad ottenere una focheggiatura corretta da un lato – specie alle distanze ravvicinate, e ad effettuare dei bracketing senza cambiare l’inquadratura. Qui è stato effettuato un bracketing di diaframma – aumentando il tempo di posa, per valutare poi con le due differenti profondità di campo quale delle due immagini fosse più suggestiva ed essere adatta alla stampa.
L’esposimetro esterno, accessorio indispensabile
Nonostante la Nikon FM3A misuri l’esposizione in luce riflessa con media ponderata al centro ( 60% nel circolo centrale da 12mm dello schermo di messa a fuoco, il restante 40% sul resto dell’immagine, non sempre le esposizioni in luce riflessa portanto a misurazioni corrette. Ne ho parlato in diversi miei articoli, anche ultimamente, per esempio QUI. Quindi un esposimetro esterno, da utilizzare in luce incidente, io personalmente lo considero indispensabile. Ne esistono diversi modelli, la maggior parte in grado di effettuare sia misurazioni in luce riflessa, come la fotocamera, che in luce incidente: basta anteporre alla fotocellula l’emisfera a corredo e puntare l’esposimetro anzichè verso il soggetto attraverso la fonte di luce per ottenere una perfetta lettura dell’illuminazione, esattamente come se si stesse puntando un esposimetro a luce riflessa verso un cartoncino grigio. Alcuni esposimetri esterni hanno un angolo di lettura in luce riflessa più che spot, nel senso che riescono a misurare punti dell’immagine dall’ampiezza di soli due gradi. Un’altra differenza rispetto all’esposimetro incorporato nella fotocamera o ai cartoncini grigi è il fatto che la maggior parte degli esposimetri esterni è in grado di misurare anche la luce emessa da un flash esterno, dando il corretto valore in diaframmi da impostare sulla fotocamera. Tra i tanti modelli uno di quelli a mio parere con il miglior rapporto qualità prezzo è il Sekonic L308x Flashmate, di cui ho già trattato in questo mio articolo .
Funziona con una comune batteria stilo di tipo AA, è in grado di lavorare sia in priorità di diaframmi che in priorità di tempi ed è in grado di misurare scene talmente crepuscolari da arrivare a proporre fino a 30 minuti di posa, spingendosi al contrario, fino a 1/8000 di secondo. Lavora sia in luce riflessa che in luce incidente, in questo caso basta anteporre alla fotocellula l’emisfera incorporata o utilizzare il Lumidisc piatto, utile per misurazioni in luce incidente di soggetti bidimensionali.
Qui di seguito le caratteristiche tecniche:
Caratteristiche tecniche:
Tre esposimetri in uno: modalità Foto/HD Cine/CINE per tutti gli operatori dell’immagine.
Modalità foto
– Luce ambiente: priorità di tempi, priorità di diaframmi, lettura EV
– Luce flash: con cavo sincro e senza cavo sincro
Modalità HD Cine
– Luce ambiente: priorità di tempi, Lux/Fc, frame rate
Modalità CINE
– Luce ambiente: priorità di frame rate, Lux/Fc, angolo otturatore
Retroilluminazione automatica del display LCD (sotto 5 EV)
Misurazione della luce incidente/riflessa – diffusore Lumidisc rimovibile.
Fattore di compensazione da -1.0 a +1.0 in incrementi di 0.1 stop
Range di misurazione (a ISO 100)
Ambiente: da EV 0 a 19,9
Flash: de F1,0 a F90,9
Lux: da 2,5 a 190.000lx
Foot-candle: da 0,23 a 17.000fc
Alimentazione: Una batteria stilo AA
I filtri: indispensabili
Anche i filtri DEVONO far parte della dotazione fisiologica per chi scatta in bianco e nero: i filtri giallo medio, arancione e rosso, essendo complementari dell’azzurro scuriscono progressivamente le porzioni serene del cielo, aumentando il contrasto bianco delle nubi, se presenti; inoltre i filtri “bucano” il pulviscolo atmosferico e nelle fotografie su orizzonti lontani, in giornate non cristalline, permettono una migliore leggibilità della sfondo. Io uso quasi esclusivamente l filtro arancio, perdo circa due stop, ma lavorando su treppiedi non ho mai il problema di dover scattare con tempi a rischio micromosso a mano libera, e rispetti al filtro giallo medio ho un maggior scurimento del cielo sereno. Il filtro rosso, che esiste in versione 25A e 28A ( rosso scuro) nella versione 25A sottrae la bellezza di tre stop, rende il cielo sereno pressocchè nero, ma aumenta in modo notevole il contrasto della scena, ovvero rende illeggibili le zone in penombra, restringendo la gamma dinamica; va usato quindi con molta attenzione. Il filtro rosso, con determinate pellicole iperpancromatiche, come la Rollei Superpan 200 e la Rollei retro 400s schiariscono in modo molto evidente la vegetazione, restituendo immagini che cominciano ad avvicinarsi alle immagini realmente infrarosse che possiamo ottenere da pellicole come la Rollei Infrared, ma in questo caso usando il filtro IR72. E’ buona norma procurarsi filtri di eccellenza, io suggerisco i filtri Hoya, che hanno una qualità proverbiale e un rapporto qualità prezzo accettabile – altri marchi, tedeschi, hanno a volte pressi irraggiungibili ma senza comportare differenze ottico qualitative percepibili nel negativo finale. Piuttosto che usare filtri scadenti, non usate nulla, peggiorereste in modo significativo la qualità dell’immagine. Un altro filtro che uso frequentemente, spesso accoppiato al fltro arancio – o al rosso – è il filtro pola
Il filtro polarizzatore: da non sottovalutare
Ecco il risultato di uno scatto realizzato con pellicola Rollei Retro 400s insieme a filtro rosso+ filtro pola. Il filtro polarizzatore, pur non assorbendo molta luce, è in grado appunto di polarizzare la luce stessa, ottenendo un ulteriore scurimento del cielo. Va usato con grande attenzione quando accoppiato ad obiettivi grandangolari perchè la polarizzaizione non è omogeneo su un arco anche di soli 100 gradi di cielo inquadrato, quindi c’è il rischio di ritrovarsi con un negativo con una porzione di cielo più scura e l’altra più chiara: una vera e propria oscenità instampabile. Il filtro pola si presta invece soprattuto quando accoppiato con le ottiche di focale normale; usando i grandangolari è buona norma controllare nell’immagine che la polarizzazione sia omogenea su tutto l’arco di cielo inquadrato e questo dipende dalla posizione del fotografo, dal brandeggio della fotocamera, dall’altezza del sole sull’orizzonte e da come è posizionato il fotografo rispetto al sole; fortunatamente lo scurimento, con le fotocamere reflex, è controllabile a vista, quindi non c’è rischio d’errore
La pellicola utilizzata: Rollei RPX 25
Dello sviluppo ne parleremo nell’ultimo capitolo, nel frattempo parliamo della pellicola. Si tratta di una 25 ISO pancromatica, con una delle sensibilità più basse attualmente disponibile sul mercato e viene prodotta tanto in formato 135 che 120 e 4×5
Potete trovare il datasheet QUI. Le immagini che lo corroborano sono state realizzate dal sottoscritto. Le pellicole Rollei sono distribuite in Italia dalla Punto Foto Group
ROLLEI RPX 25 lo slogan scelto per questa pellicola “LA SOLUZIONE STA NELLA RISOLUZIONE” indica perfettamente la caratteristica saliente di questa emulsione. Grazie alla sua sensibilità nominale di ISO 25/15°, alla sua latitudine di posa e al fatto che l’emulsione è stesa su supporto trasparente in PET è garantita la massima acutanza alla minima grana. Oltretutto può essere esposta anche a iso 50/18° con un guadagno di 1 stop e sviluppata anche in dia!
- Rollei RPX 25 è un film pancromatico a bassa velocità in bianco e nero con una sensibilità nominale di ISO 25/15 °. A parte la grana straordinariamente fine, la Rollei RPX 25 ha un grande potere risolutivo e un’alta acutanza. Rollei RPX 25 è caratterizzato da una riserva ad alta sensibilità di un f-stop, a seconda dello sviluppo. L’emulsione sottile e ricca di argento è rivestita su una base cristallina e offre un eccellente equilibrio tra qualità dell’immagine (nitidezza / grana fine) e velocità di resa. Caratteristiche: • film pancromatico a bassa velocità, ISO 25/15 ° • risoluzione del contrasto di potenza 1000: 1 = 260 linee / mm • Granularità RMS (x1000) = 8 • latitudine di esposizione estesa (tra 12 e 50 ISO) • buono per l’elaborazione push / pull • buona riproduzione del tono • grande densità massima • trasparente = ideale per la scansione e come diapositiva • lo strato anti-curling assicura una planarità ottimale
DISPONIBILE IN 35 MM, ROLLFILM 120 E PELLICOLA PIANA 4X5”
Colonna a 45 gradi
La possibilità di piegare la colonna e al contempo di regolare le gambe permette alla testa di posizionarsi sia in pianta che leggermente inclinata; qui vediamo il backstage delle immagini seguenti, dove il piegamento della colonna permette di avere buona parte del soggetto che giace sullo stesso piano, aumentandone la leggibilità chiudendo non di molto il diaframma.
Notate il coperchio dello scatolino della pellicola appoggiato davanti all’oculare per evitare, in priorità di diaframmi, quando ci si mantiene distanti dalla fotocamera, di evitare una lettura esposimetrica sfalsata a causa della luce che penetra attraverso l’oculare.
E uno scatto con il Micro Nikkor a f/11.
Notate l’aumento della nitidezza sulle foglie sullo sfondo per l’aumentata profondità di campo
Le differenze della profondità di campo
Nelle due immagini qui sopra notate nella prima, scattatta a f/2.8, che il fuoco è esclusivamente sul soggetto in primo piano, mentre nella seconda, scattata a f/11, la nitidezza si estende notevolmente anche sullo sfondo; quando la distanza di scatto è molto ravvicinata, la differenza di profondità di campo tra un diaframma e l’altro si fa più evidente.
Usare con consapevolezza la profondità di campo
Non sempre un’estensione della profondità di campo migliora l’impatto dell’immagine: il primo scatto a f/2.8, concentra maggiormente l’attenzione sulla margherita in primo piano e, rispetto al secondo scatto realizzato a f/11 la rende apparentemente più nitida perchè l’occhio prende come punto di paragone lo sfondo sfuocato. In realtà il punto di fuoco tra i due scatti non è cambiato, è rimasto identico sulla margherita in primo piano.
La luce parassita
Nonostante la lente frontale del Micro Nikkor 55mm f/2.8 sia ampiamente indovata nel barilotto, in questa situazione, anche a causa del fatto che non era disponibile il paraluce, la luce del sole colpiva la lente frontale, ma ci sono comunque molte situazioni nelle quali, nonostante l’uso del paraluce, la luce riesce ugualmente a colpire la lente frontale, creando artefatti e ammorbidimenti diffusi dell’immagine. La soluzione: un cartoncino nero che schermi completamente l’obiettivo, facendo attenzione, guardando nel mirino, di non inquadrare una porzione del cartoncino.
Schiarire i dettagli in controluce
Con un pannello riflettente, che una volta ripiegato sta tranquillamente nella borsa fotografica, o un pannello di polistirolo, è possibile schiarire le parti dell’immagine scure in situazioni di controluce; avvicinando o allontanando il pannello o il polistirolo al soggetto e catturando più o meno luce diretta del sole, è possibile schiarire in modo non troppo invasivo il soggetto, aumentandone la leggibilità ma restituiendo un’immagine naturale.
La differenza
In alto l’immagine scattata usata scattando esclusivamente la luce ambiente, in basso con l’aggiunta del polistirolo. La resa è molto naturale e i dettagli sono maggiori, e l’immagine non ha perso in tridimensionalità come sarebbe invece avvenuto usando un flash montato sulla fotocamera, che avrebbe aumentata anche la luminosità sulla zona illuminata dal sole, appiattendo completamente l’immagine.
A volte il treppiedi non basta
Con pellicole di così bassa sensibilità, anche senza usare filtri, come in questa immagine e con un diaframma non troppo chiuso, basta un alito di vento per muovere il soggetto e rendere la foto instampabile. Prima di scattare bisogna quindi attendere che il vento, se a ondate, si plachi; se il vento è costante, lo scatto non è realizzabile.
C’è mosso e mosso
In alto, il primo scatto, mosso a causa del movimento del fotografo, che non ha usato il treppiedi e un tempo di posa insostenibile a mano libera.
Al centro, il secondo scatto, fotocamera su treppiedi, le decorazioni in primo piano sono risultate mosse perchè si stavano muovendo durante lo scatto, in abbinata a un tempo di otturazione lungo
In basso, il terzo scatto, nessun mosso: la fotocamera era su treppiedi e le decorazioni in primo piano immobili. Ancora una volta, con pellicole a così bassa sensibilità l’attenzione al mosso e al micromosso non va mai dimenticata
Conclusioni
Shooting terminato: con una pellicola di così eccellente fattezza e bassissima sensibilità ci aspettiamo nella prossima e ultima puntata risultati straordinari, nonostante abbiamo usato il formato 135 – se avessimo usato il formato 120 il risultato sarebbe stato triplicamente eccellente -.
Per raggiungere un obiettivo che passa innanzitutto da un’assoluta perfezione e procedura tecnica, in questo capitolo ho messo in rassegna tutti gli accessori e tutte le accortezze per estrarre da una pellicola come la Rollei RPX 25 il massimo che possa concedere.
Nell’ultimo capitolo vedremo lo sviluppo e la stampa, che compongono circa il 70% dell’intero processo fotografico argentico
Buona luce a tutti!
Gerardo Bonomo