Il mondo del banco ottico. Prima parte: la ripresa
Abituati a scattare su pellicola bianco e nero con notevole soddisfazione nel formato 24x36mm o nel formato 6×6, entriamo adesso nel Gotha della Fotografia e della tecnica fotografica: il grande formato.
In queste tre puntate vi illustrerò sommariamente i principali canoni di ripresa, sviluppo e stampa.
Giusto un accenno: è un mondo che non ha confini e sul quale è già scritto molto e bene.
Buona lettura e buona visione
Gerardo Bonomo
Si fotografa così bene in 24x3mm: perchè complicarsi la vita? Immaginate di ingrandire un negativo 13 volte di meno…
Quando ai primi del 900 George Eastman sottrasse – pagando pegno – l’idea del rollfilm 120 al Gesuita Hannibal Goodwin, e nel 1912 Oskar Barnack costruì intorno alla pellicola cinematografica 35mm il formato 24×36, la prima Leica, gettando le basi – ancora oggi utilizzate – delle fotocamere e della fotografia portatile, i banchi ottici e le folding non solo erano già stati inventati ma usati quotidianamente. Il banco ottico è stata la prima fotocamera e non è mai morta, anzi, addirittura, è ancora in produzione presso diverse aziende del settore, sia collegate a dorsi digitali che usate per lo scopo per cui sono nate, ovvero impressionando l’immagine latente su pellicola piana. Basta guardare le due immagini sovrastanti per farsi un’idea precisa, parlando naturalmente di pellicola, delle differenze tra un fotogramma 24x36mm o 6×6 cm e la più ridotta tra le pellicole piane, ovvero il 10×12 cm, spesso definito 4×5”
Si scopre che il formato 10×12 cm ha un’area utile TREDICI volte più grande del formato 24x36mm e quasi 3,5 volte più grande di un formato 6×6. Questo significa che a parità di formato di stampa, usando la pellicola piana 10×12 cm dovremo ingrandire l’immagine 13 volte in meno rispetto al formato 24x36mm e circa 3,5 volte in meno rispetto al formato 6×6 cm. Questo, fino a un certo formato di stampa, si trasforma da un lato in un assoluto annullamento della grana e in un percepibile aumento della gamma tonale, più grigi, più informazioni.
Decentrare e basculare
La differenza tra il grande e gli altri formati non si ferma alle dimensioni del fotogramma
Una fotocamera grande formato, oltre ad avere gli obiettivi intercambiabili esattamente come gli altri formati, ha più possibilit di decentrare e/o basculare le standarte che sono le parti estreme del banco: la standarta anteriore monta l’obiettivo, quella posteriore lo schermo di messa a fuoco e gli chassis nei quali è custodita la pellicola da impressionare. Agendo sul decentramento o sul basculaggio di una o entrambe le standarte è possibile modificare in modo sostanziale diversi parametri, dal punto di inquadratura alla profondità di campo, dalla prospettiva alla trasformazione vera e propria della forma di un oggetto. Ma una fotocamera grande formato può anche e tranquillamente usata anche con i movimenti a zero, ovvero come una comune fotocamera, beneficiando esclusivamente della maggior grandezza del fotogramma con i conseguenti strabilianti miglioramenti che si ottengono poi in stampa. Si può quindi cominciare a usarla senza lavorare sui movimenti, per prendere poi con calma mano ai vari movimenti, dal più facile, il decentramento, ai più complessi, i basculaggi
I
Entrare in un nuovo orizzonte di visione.
Che si lavori con un banco ottico o con una folding – il primo è meno compatto e non può essere richiuso completamente ma, usato, è più economico delle folding – si entra in un altro orizzonte di visione. L’obiettivo, posizionato su posa T e con il diaframma completamente aperto proietta sul vetro smerigliato posto sulla standarta posteriore un’immagine della realtà capovolta e invertita: non è facile capire con esattezza come risulterà il soggetto sullo scatto final, ma basta un poco di pratica. Nascondendo la testa sotto un telo nero drappeggiato sul banco, ci si escluderò completamente dalla realtà, si osserverà esclusivamente questa immagine invertita e lavorando sul sistema di fuoco, con l’ausilio di un loupe, dopo aver composto l’inqudratura si focheggerà. Si potrà poi decidere se decentrare e o basculare ma la cosa straordinaria che tutto il nostro vedere la realtà sarà ridotto esclusivamente a un’immagine capovolta e invertita della realtà stessa. Fatta l’inuqadratura, decisa l’esposizione e il diaframma più consono, si chiuderà l’obiettivo, che al suo interno ha un otturatore centrale, si posizionerà il diaframma e il tempo voluti, si inserirà lo chassis nella standarta posteriore, si toglerà la volet che protegge la pellicola e a quel punto si scatterà. Se il soggetto è statico, come un paesaggio, non ci aspetteremo gradi sorprese, se il soggetto è appunto un soggetto, ovvero un ritratto, si spererà che quest’ ultimo durante la preparazione non si sarà spostato dal piano di fuoco, che abbia un’espressione fotogenica e che non chiuda gli occhi al momento dello scatto. Vi posso assicurare che il momento è cieco da un lato, sacro dall’altro.Solo a sviluppo ultimato sapremo se avremo “preso” l’immagine come ce l’eravamo prefissa. Fotografare col banco o con la folding, a prescindere dalla grandezza del fotogramma, non ha nulla a che vedere con lo scatto con il piccolo o medio formato. E se porteremo a casa l’immagine sperata, sarà una soddisfazione piena e consapevole, in ogni aspetto del complesso e lungo periodo di concepimento e gestazione dell’immagine.
Quale formato?
I formati sono il 4×5”, che equivale al 10×12 cm – c’è anche il formato 9x12cm ), il 5×7”, che equivale al 13x18cm e l’8×10” che equivale a un negativo in formato 20x25cm, un negativo talmente generoso che può addirittura essere stampato a contatto. Ci sono poi formati ancora più grandi.
Al salire del formato salgono pesi e ingombri e costi tanto dei banchi che delle folding che delle ottiche.
Se si desidera stampare dal grande formato io suggerisco caldamente il formato 10x12cm: è un formato accettato da ingranditori di dimensioni certamente importanti ma non immense. La qualità, rispetto al medio e al piccolo formato, sia in termini di riduzione dell’ingrandimento che di gamma tonale è già più che percepibile. Se di contro avete già in mente di scattare solo in interni, magari ritratti, allora potete pensare anche al formato 20×25 cm, da stampare di norma a contatto.
Banco ottico o folding?
Le differenze tra i due sistemi sono notevoli: di norma i banchi ottici hanno più movimenti e più ampi, specie i basculaggi, con maggiori allungamenti del soffietto e sono di norma fabbricati in alluminio e sono più robusti. Un altro vantaggio, parlando del mondo dell’usato sta nel fatto che un banco ottico costa meno di una folding, a parità di formato.
I due grandi svantaggi risiedono nel peso, ma soprattutto nel fatto che nel riporlo, di norma si avvicinano le due standarte, annullando l’ingombro del soffietto, ma, a meno di non togliere le standarte dal banco, che è il binario lungo il quale scorrono le standarte, l’ingombro da chiuso è notevole, di solito viene risposto a testa in giù in una valigetta, sospeso al suo binario.
La folding, letteralmente significa pieghevole, può essere ripeigata su sè stesso diventando quasi completamente piatta, o in altri modelli la standarta anteriore può essere fatta rientrare fino a unirsi a quella posteriore, portando in entrambi i casi a delle misure così compatte da poterlo portare in una normale borsa fotografuca o in uno zaino. Anche il peso è decisamente inferiore, molti sono costruiti in legno, e in molti casi la scelta del tipo di legno lo rende più leggero dell’alluminio. A sfavore della folding c’è un a riduzione o nel numero di movimenti, soprattutto i basculaggi, e negli angoli di basculaggio. A livello costruttivo io non credo ci siano delle differenze in termini di materaile usato e mano d’opera, ma sta di fato che le folding usate sono decisamente più costose rispetto ai banchi usati. Una raccomandanzione: vi suggerisco di scegliere un modello di bano o di folding RXB, ovvero revolving back: in questi modelli la standarta posteriore può essere ruotata di 90 gradi per passare dall’inquadratura verticale a quella orizzontale, decisamente più comodo dai modelli normali dove una parte della standarta posteriore deve essere smontata, ruotata e fissata nuovamente in posizione.
Intrepid Camera, la folding in produzione più economica
Nel momento in cui scriviamo, la folding più economica in produzione è l’Intrepid Camera, 4×5”, ampi decentramenti e basculaggi. Chiusa occupa uno spazio di soli 180x180x78 mm e un peso di 1,2 kg ottica esclusa. Il prezzo è intorno ai 320 Euro, ma trattandosi di un prodotto fabbricato in Gran Bretagna andranno valutati, oltre ai costi di spedizione, anche quelli di dogana. Al prezzo vanno aggiunti circa 20 Euro per una piastra portaottiche, fermo restando che questo modello è compatibile con le piastre portaottiche Linhof/Technika. Poi va aggiunto l’obiettivo: uno Schneider-Kreuznach Technika Symmar 1:5.6 / 150 usato costa tra i 250 e i 300 Euro. La intrepid Camera propone poi una voppia di chassis Toyo 4×5” ( per poter quindi avere a disposizione quattro scatti ) nuovi intorno ai 120 Euro. Ma gli chassis possono anche essere recuperati usati anche a prezzi inferiori. quindi, fatti due conti, calcolando l’obiettivo standard tra i 250 e i 300 Euro – ma uno 120mm F.6,8 Schneider Angulon ø211 si trova anche a 100 Euro, in Italia, in tutto, compreso in paio di chassis usati, non superiamo i 500 Euro.
INTREPID 4X5 ENLARGER MK2 (WITH TIMER)
Una piccola anticipazione del secondo terzo capitolo, quello dedicato alla stampa; Intrepid Camera dispone anche di un kit per trasformare qualsiasi folding, a cominciare ovviamente dalle Intrepid Camera, in un ingranditore – leggerissimo se si usa la folding Intrepid Camera. Si può tranquillamente usare l’obiettivo da presa, bisogna invece sostituire lo schermo di messa a fuoco con il kit, composto da un portanegativi, in grado di accogliere dai negativi 10x12cm ai formai minori e da un piano LED che può essere usata come luce bianca, luce filtrata usando i filtri incorporati C M Y che possono essere miscelati o meno tra loro senza soluzione di continuità e soprattutto, ed è quello che ci interessa di più, la possibilità di intervenire su una manopola di regolazione separata che miscelando in autonomia e sempre senza soluzione di continuità i filtri Y e M permette di ottenere una vera e propria testa a luce diffusa e a contrasto variabile, da 00 a 5, senza soluzione di continuità, adatta per stampare qualunque tipo di carta, sia essa politenata o baritata e di qualunque marca, purchè sia Multigrade. Se la carta fosse a gradazione fissa basta disinserire i filtri. Parliamo di 236 Euro – a cui vanno aggiunte le spese di trasporto e i dazi, per ottenere un ingranditore a dir poco straordinario, compatto, leggero la cui testa, che poi è la folding, può essere montata sulla colonna del nostro ingranditore, levando la nostra testa o, in modo meno agevole ma pur sempre efficace, su un treppiedi robusto. L’Intrepid 4×5 Enlarger MK2 è quanto di più economico compatto, leggero e versatile sia oggi disponibile sul mercato, e parliamo di prodotti nuovi, con garanzia. Ma affronteremo, come anticipato, l’argomento nella terza puntata. Anche se questo Enlarger è compatibile con qualsiasi folding o banco ottico, è ovviamente un motivo in più per pensare all’acquisto della folding Intrepid Camera 4×5.
E un banco ottico usato, sempre 4×5”?
Una Sinar F, macchina prestigiosa, made in Swiss, dove F sta per Field, ovvero un banco in tutto e per tutto ma alleggerito per usi in esterni, oggi può costare dai 250 ai 300 Euro, usato naturalmente, esclusa ottica e chassis. Prezzi accettabili, da un lato, e la certezza di non dover rincorrere il progresso tecnologico dall’altro.
La scelta della pellicola
Come abbiamo visto nel video, solo nel formato 4×5”, sono disponibile decine di emulsioni. Io prediligo la Rollei RPX 25 e la Rollei Infrared: sono entrambe pellicole iperpancromatiche su base PET – maggiore stabiltà dimensionale, più cristallina, tempi di asciugatura dimezzati .
La Rollei RPX 24 ha una risoluzione di ben 260 linee/mm e può essere esposta da 12 fino a 50 ISO. Essendo iperpancromatica in abbinata con il filtro rosso 25A schiarisce in modo evidente la vegetazione cadùca e scurisce in modo molto drammatico le campiture serene del cielo.
la Rollei Infrared può essere esposta da 200 fino a 400 ISO, ha una risoluzione di ben 160 linee/mm e utilizzata con il filtro IR72 porta a delle immagini assolutamente infrarosse, quasi come la compianta Kodak Infrared con la differenza che la Kodak arrivava alla sensibilità di 900nanometri, la Rollei si ferma a “soli” 750 nanometri. Visto che con le folding e i banchi si lavora quasi esclusivamente su treppiedi, perchè non approfittare anche delle bassissime sensibilità?. Certo, se parliamo di ritratto sono opportune pellicole più sensibili, tra quelle indicate nel video che accompagna questo articolo.
Nel momento in cui scriviamo una pellicola piana Rollei Infrared in confezione da 25 costa circa 1,80 Euro a pellicola,, Una pellicola Fomapan 100, per altro eccellente, costa nella confezione da 50 fogli 1,20 Euro a foglio. Tirando il ragionamento per i capelli, se con una pellicola Fomapan 100 120 si ottengono 8 scatti in formato 6×9 al prexxo di 0,50 Euro a scatto, in formato 10×12 il costo è leggermente superiore al doppio, Vi posso risultare che il tutto è assolutamente proporzionato e accettabile
Il caricamento della pellicola
Ogni chassis ha due lati in ciascuno dei quali può essere caricata una pellicola. La volet, che si estrarre dopo aver posizionato lo chassis nella standarta posteriore prima dello scatto, evita che la pellicola prenda luce ma è anche responsabile del blocco della cerniera alla base dello chassis contro apertura accidentali. Tutte le pellicole vanno maneggiate nel buio assoluto, al tatto è impossibile capire qual’è la parte emulsionata e quella con lo strato antihalo. Per questo motivo TUTTE le pellicole hanno una tacca di forma diversa – che identifica anche il tipo di pellicola, su uno dei lati corti della pellicola. Quando la tacca è in basso a sinistra o in alto a destra significa che state guardando – al buio – l’emulsione e potete quindi inserire la pellicola nello chassis nel verso giusto. La stragrande maggioranza delle persone pongono la tacca in alto a destra, io preferisco posizionarla in basso a sinistra in modo da poter fare un ultimo controllo prima di richiudere la cerniera dello chassis.
Per prima cosa si solleva leggermente lo chassis in modo da liberare la cerniera dalla parte opposta che va ribaltata; poi si impugna la pellicola, avendo cura che la tacca sia in basso a sinistra o in alto a destra e la si spinge con delicatezza nei due binari che corrono lungo l’intera parte interna dello chassis, fino a che la pellicola non si ferma: vuol dire che è correttamente posizionata. Potete controllare per l’ultima volta che la tacca sia in basso a sinistra senza dover rimuovere la pellicola appena posizionata, rimettere la cerniera in posizione e bloccarla spingendo fino in fondo la volet. trovate un modo per capire da fuori che quella parte dello chassis è carica, di solito la parte superiore di una volet è bianca da un lato, nera dall’altro: se avete posizionata la volet sulla pellicola vergine con la parte bianca che vi guarda, una volta caricata la pellicola sapete che è tutto a posto perchè vedrete la parte bianca; quando esporrete la pellicola, estraete completamente lo chassis, eseguite lo scatto e poi riposizionate lo chassis al contrario, in modo che possiate guardare la parte nera; molti chassis hanno anche delle “L” di metallo che servono per bloccare lo chassis che chiude il contenitore con la pellicola esposta in modo che non possa più essser sollevato. Un Post It con i dati di scatto messo sulla volte della pellicola impressionata è l’ultima garanzia che la pellicola è stata esposta. E’ sempre opportuno girare con più chassis comodamente caricati in camera oscura o nella changing bag. Vi sconsiglio di girare con pochi chassis da scaricare e ricaricare sul campo: in questo caso dovrete anche munirvi di una doppia scatola a tenuta di luce per riporre le pellicole esposte. Ma per non fare confusione non fatelo, anche perchè in questo modo dividereste le pellicole dagli appunti di scatto che avete preso sui singoli Post It.
L’estrazione della pellicola
Sempre nel buio più assoluto e avendo vicino o la tank di sviluppo o una doppia scatola a tenuta di luce, tirate leggermente la volet finchè la cerniera dalla parte opposta non potrà essere aperta. Con l’unghia e con molta attenzione sollevate la pellicola ed estraetela e riponetela o direttamente nella tank o nella doppia scatola. Se avete preso degli appunti mettete le pellicole nella tank in sequenza in modo da poter poi, con gli appunti, ricostruire tutte le fasi tecniche dello scatto.
Qualche dettaglio.
Il corretto inserimento nelle guide, il termine dell’inserimento della pellicola e la tacca posizionata correttamente in basso a sinistra; è anche possibile vedere la mezzaluna di solito coperta dalla cerniera che serve per agevolare, usando l’unghia, lo sgancio della pellicola esposta prima che venga estratta.
L’esposizione
L’esposizione perfetta è alla base di ogni scatto, specie in bianco e nero,
Con il banco ottico il bracketing diventa da un lato costoso, dall’altro affaticante per il numero di lastre da sviluppare, ma se l’occasione è unica, meglio due scatti con differenti tempi di posa che uno solo. Io di norma io lavoro il Sekonic L 308 X Flashmate, ma con il banco ottico, per chi è in odore di Sistema Zonale – ottenibile ESCLUSIVAMENTE proprio con la pellicola piana perchè a ogni fotogramma può essere applicata un’esposizione differenziata basata sulla voluta variazione di esposizione, anche un esposimetro con controllo delle zone in luce riflessa, anche un Sekonic L-858D-U SpeedMaster ci va decisamente a nozze, per selezionare differenti zone dell’immagine, con un angolo di esposizione di solo 1 grado e fare, volendo delle medie tra le varie esposizioni ottenute.
Il treppiedi e la testa
lavorando con il banco ottico o la folding poter disporre di un solido treppiedi e di una testa che permetta delle microregolazioni è di fondamentale importanza. Io suggerisco, per le folding treppiedi come la serie 190 di Manfrotto – non necessariamente in carbonio – in accoppiata con la testa compatta a tre movimenti. per i banchi ottici suggerisco un treppiedi più robusto, come i Manfrotto della serie 055, qui in accoppiata con la testa Junior a tre movimenti, più massiccia della precedente e in grado di reggere pesi maggiori. Inutile dire che uno scatto a filo è essenziale.
La messa a fuoco
La messa a fuoco è, soprattutto lavorando su pellicola piana, di fondamentale importanza: gli schermi di messa a fuoco dei banchi ottici e delle folding sono privi di microprismi e stigmometri: bisognerà quindi lavorare con un loupe adatto, qui è raffigurato un modello della italiana Silvestri, e lavorare sulla cremagliera di messa a fuoco muovendola lentamente avanti e indietro finchè non comparirà l’immagine la più nitida possibile. Alcuni vetri smerigliati di ultima generazione incorporano una lente di Fresnel che rende l’intera immagine più luminosaUn telo nero, sia esso di fortuna che espressamente studiato per lavorare con il banco, come quello raffigurato, è nuovamente di importanza fondamentale per oscurare completamente la luce che colpendo lo schermo di messa a fuoco renderebbe impossibile tanto l’inquadratura che la messa a fuoco. Una volta effettuata la corretta focheggiatura, il movimento di focheggiatura va bloccato – tutti i banchi e le folding hanno il blocco della messa a fuoco – così da evitare microspostamenti mentre si arma l’otturatore e/o soprattutto quando si inserisce lo chiassis e si leva la volet per realizzare lo scatto. In questo capitolo non ci occuperemo degli altri movimenti, ovvero i decentramenti e i basculaggi, che meritano, più che un capitolo, un’enciclopedia a parte. ma posso assicurarvi che anche usando il banco o la folding senza beneficiare dei movimenti, si è comunque in grado di realizzare la maggior parte degli scatti, Poi, col tempo, ci si impraticherà innanzittto con il decentramento – serve soprattutto nella fotografia di architettura per non inclinare la fotocamera ritrovandosi poi le linee cadenti non parallele, e i più sofisticati basculaggi, che estendono la zona di fuoco e possono modificare letteralmente la forma degli oggetti inquadrati. Una volta eseguita la messa a fuoco si chiude il diaframma all’apertura di lavoro, si arma e chiude l’otturatore, si imposta il tempo di scatto desiderato, si inserisce lo chassis, si toglie la volet e… si scatta !
Conclusioni
Termina qui la prima delle tre puntate sull’introduzione all’uso del banco ottico.
Scoprirete nelle prossime puntate che anche se lo sviluppo e la stampa sono sovrapponibili a quelli delle pellicole di medio o piccolo formato, indubbiamente il percorso è leggermente più complesso, ma il risultato finale vi appagherà in modo assoluto.
Mi piace pensare che il mondo del grande formato ha anche prezzi contenuti, sia per quanto riguarda l’acquisto del banco o della folding che della tank di sviluppo e dei sistemi alternativi all’ingranditore tradizionale per il grande formato.
Vi ringrazio del vostro tempo e vi dò appuntamento alle prossime puntate
Gerardo Bonomo
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