Quattro passi con Hasselblad
Una Hasselblad 500 C/M, uno Zeiss Distagon 1:4 f/50mm e uno Zeiss Planar 1:2.8 f/80mm, il racconto di un’intensa giornata.
Buona lettura a tutti
Gerardo Bonomo
INDICE
( cliccare sul capitolo di interesse )
Hasselblad 6x6cm batte 24x36mm 350 a zero
La straordinaria invenzione: il formato 120
6×4,5 – 6×6 – 6×7 – 6×8 – 6×9 – 6×12….
Arriva il formato 135, e poi Rolleiflex, e poi Hasselbald
Gli americani sono andati sulla Luna? Hasselblad di sicuro…
Fotocamere fatte per lo spazio
Rolleiflex si ama, Hasselblad….
Perché Hasselblad, almeno in Italia, ha avuto un successo maggiore rispetto ad altri Paesi.
Hasselblad 6x6cm batte 24x36mm 350 a zero
E’ un fatto che nel mondo del bianco e nero, maggiore è il formato della pellicola, migliore il risultato finale.
Passando dal fotogramma 24x36mm al fotogramma 6x6cm si assiste, in stampa, a un salto qualitativo importante: a parità di ingrandimento la grana si riduce del 350% e aumenta di pari passo la gamma tonale.
Poi si potrebbe passare al formato, ancora utilizzabile a mano libera, 6×9 e arrivare al primo dei formati piani, il 10x12cm: ma qui la vita diventa difficile, tanto in ripresa che in sviluppo che in stampa. Le dimensioni degli strumenti triplicano, passi per lo sviluppo e la stampa, ma un banco ottico o una folding, sono comunque fotocamere che esigono il treppiedi, complesse messe a fuoco sul vetro smerigliato, il caricamento e l’utilizzo degli chassis: non è per tutti.
Il medio formato invece, declinato su vari marchi, non si discosta molto da pesi e ingombri di una fotocamera a pellicola 24x36mm con relativo parco ottiche. Nè la prima né la seconda sono tascabile, e allora, borsa per borsa, se si cerca qualità a gamma tonale, ecco che troviamo lì bello pronto il medio formato
Il 6×6 è una bufala
Riguardando lo schema appena pubblicato notiamo che quello che in gergo chiamiamo 6×6 si riferisce all’altezza totale della pellicola 120, incluse le segnature, non alle reali dimensioni del fotogramma.
Per esempio, le reali dimensioni del fotogramma di Hasselblad sono 55x55mm, quelle di Rolleiflex variano da modello a modello, ma si attestano sui 57×57.
Il mitico formato 6×4,5 in realtà altro non è che 56×41,5mm ( qui riferito alla fotocamera Pentax 645N II )
Alcune fotocamere 6×4,5 consentono di scattare solo 15 fotogrammi ( io penso per evitare il rischio che in sviluppo venga pinzato inavvertitamente il 16esimo fotogramma o per aumentare lo spazio tra un fotogramma e l’altro ). Altre fotocamere 6×4,5 consentono all’utente di scegliere se esporre 15 o 16 fotogrammi.
Insomma, il mitico formato 6×6 cm ha solo un’altezza variabile tra 60.7 mm e 61.7 mm. Ma l’area del fotogramma può essere decisamente inferiore, non in lunghezza, questo dipende dal formato in assoluto, ma in altezza.
Va anche valutato che in lunghezza la pellicola 120 oscilla tra 820 e 850mm. Tre centimetri non sono pochi e a seconda del tipo di fotocamera e di quando ingaggia il primo fotogramma e della spaziatura di fabbrica, ci si può ritrovare con l’ultimo fotogramma lontano dalla coda o molto prossimo.
Sono cose da sapere, che hanno vantaggi e svantaggi. Le macchine scattano in altezza 56mm non rischieranno mai di andare a coprire con il fotogramma la segnatura della pellicola. Mi è capitato, specie con alcuni modelli di Rolleiflex, di ritrovarmi il fotogramma che sbordava fino a includere o i numeri sequenziali di fotogramma o la marca di pellicola.
E’ un bene? E’ un male? Nè l’uno nè l’altro, l’importante e saperlo prima di scattare.
La straordinaria invenzione: il formato 120
120 è un formato di pellicola introdotto da Kodak per la sua Brownie No. 2 nel 1901. Originariamente era destinato alla fotografia amatoriale, ma in seguito fu sostituito in questo ruolo dalla pellicola 135 con l’invenzione di Leica da parte di Oskar Barnack che utilizzò la pellicola a doppia perforazione cinematografica – già in produzione – per un utilizzo fotografico.
.La pellicola 120 e la 220, sono ancora prodotti, dopo ben 120 anni dall’introduzione sul mercato.
A partire da dicembre 2018 tutta la produzione di 220 film è stata interrotta/sospesa in tutto il mondo. Le uniche scorte rimanenti provengono dall’ultima produzione Fujifilm (2018) e si trovano principalmente in Giappone.
Il formato 120 da vicino
Il formato della pellicola 120 è una pellicola in rotolo con una larghezza nominale compresa tra 60,7 mm e 61,7 mm. La maggior parte dei film moderni realizzati oggi sono larghi circa 61 mm. Il film è contenuto in una bobina aperta originariamente in legno con flange metalliche, successivamente interamente in metallo e infine interamente in plastica. La lunghezza del film è nominalmente compresa tra 820 millimetri e 850 millimetri secondo lo standard ISO 732:2000. Tuttavia, alcuni film possono essere lunghi solo760 millimetri.
La pellicola è attaccata a un pezzo di carta di supporto più lungo e leggermente più largo della pellicola. La carta di supporto protegge la pellicola mentre è avvolta sulla bobina, con una lunghezza extra sufficiente per consentire il caricamento e lo scaricamento della pellicola alla luce del giorno senza esporre la pellicola stessa. Sulla carta di supporto sono stampati i contrassegni del numero di fotogramma per tre formati immagine standard (6×4,5, 6×6 e 6×9).
Il quadro in basso a sinistra fa parte della serie “Le istantanee “ del pittore impressionista Joaquín Sorolla y Bastida (1863-1923).
La donna vestita di bianco raffigurata al centro dell’opera è quasi sicuramente Clotilde García del Castillo, moglie dell’artista.
Il titolo del dipinto, Instantánea (“istantanea”) fa riferimento al modo in cui il pittore ha eseguito l’opera, con pennellate rapide e guizzi di colore, e con pochi tocchi cromatici per delineare le figure (lo vediamo soprattutto nelle due persone che appaiono sullo sfondo). Era la tecnica tipica degli impressionisti, che Sorolla ebbe modo di approfondire proprio nel periodo in cui dipinse quest’opera. Sembra pertanto di trovarsi quasi di fronte a un’istantanea fotografica: questo tema è peraltro richiamato dalla macchina fotografica che la donna tiene tra le sue mani. La macchina è il modello zero della Kodak “Folding pocket”, che era la più piccola macchina fotografica disponibile sul mercato a quell’epoca (fu messa in commercio nel 1902). La famiglia Sorolla ne fece largo uso per documentare diversi aspetti della vita quotidiana, a cominciare dai loro soggiorni in spiaggia. Prodotta in 5000 esemplari dal 1902 al 1906 montava la pellicola 121 ( 5,5 x 8 cm ), Pellicola che è stata prodotta per soli pochi anni, è giusto sopravvissuta ai primi del 900.
6×4,5 – 6×6 – 6×7 – 6×8 – 6×9 – 6×12….
Stabilito che il film 120 è più datato del film 135, nel mondo fotografico – la pellicola cinematografica 35mm fu messa a punto intorno al 1895 da George Eastman e Thomas Edison, mentre bobinata nel formato 135/36 pose è stata introdotta da Kodak nel 1934, il prototipo della prima Leica, la Ur è del 1914 e la prima fotocamera di serie fu venduta alla Fiera di Primavera di Lipsia nel 1925, quindi per 9 anni gli utilizzatori di Leica dovevano bobinarsi da sé la pellicola – l’aspettativa di vita del formato 120 è accettabile. E oggi, che non viene più quasi prodotta la pellicola cinematografica perforata 35mm, si potrebbe ipotizzare uno scenario futuro che vede certa la produzione del 120, non altrettanto certa la produzione del 135.
Con un’altezza della pellicola fissato intorno ai 61,7mm, la lunghezza è a piacere del fabbricante di fotocamere: ecco quindi i formati 6×4,5, 6×6, 6×7, 6×8, 6×9, 6×12. Purché il tutto sia contenuto nella lunghezza di 820/850mm.
Al netto di tutte le fotocamere prodotte da Kodak – La Browne No. 2 permetteva di realizzare 8 fotogrammi in formato 6×9 – e nel 90% dei casi venivano chieste le economiche stampe a contatto – è certo che il formato 120 arrivò al topo con l’introduzione sul mercato, nel 1925 – esattamente lo stesso anno della prima Leica – della Rolleiflex che permette di realizzare 12 fotogrammi in formato 6×6. A latere il più conveniente dei formati è il 6×4,5 che consente di ottenere 16 pose ed essendo rettangolare permette un’inquadratura già definitiva in ripresa. Sì perché non dobbiamo dimenticare che quando Venne concepita la Rolleiflex, venne scelto un fotogramma quadrato per permettere al fotografo di concentrarsi unicamente sulla scena, senza altri indugi, lasciandogli poi la possibilità di decidere se stampare, sempre su carta rettangolare, l’immagine, in orizzontale o in verticale. va anche detto che molti utilizzatori del formato 6×6 stampano in formato quadrato, perché compongono l’immagine con più calma sul vetro smerigliato quadrato senza poi potersi permettere tagli; ma una foto quadrata è meno dinamica di una rettangolare e da che mondo è mondo, ovvero dalla pittura, da cui deriva la fotografia, non si sono “quasi” mai visti quadri “quadrati…”
Da dove deriva il nome 120?
La pellicola 120 è così chiamata perché è stata la ventesima pellicola in rotolo a caricamento diurno su bobine flangiate prodotta da Kodak. È uno standard di numerazione iniziato con 101 e continuato fino a raggiungere 120, che “è sopravvissuto alla prova del tempo ed è l’unico film di medio formato ancora prodotto oggi”.
Il monopolio di Kodak
Kodak si afferma immediatamente come leader a livello mondiale nella produzione tanto delle fotocamere che delle pellicole, e ogni fotocamera inventata da terze parti deve chiedere a Kodak la produzione della pellicola, se differente tra quelle già in catalogo.
Nella storia della fotografia non si è mai assistito a un monopolio da in lato, e da una ridda di brevetti e invenzioni concernenti sia i vari modelli di fotocamere che di pellicole
Arriva il formato 135, e poi Rolleiflex, e poi Hasselbald
Al netto di tutte le fotocamere prodotte da Kodak – La Browne No. 2 permetteva di realizzare 8 fotogrammi in formato 6×9 – e nel 90% dei casi venivano chieste le economiche stampe a contatto – è certo che il formato 120 arrivò al topo con l’introduzione sul mercato, nel 1925 – esattamente lo stesso anno della prima Leica – della Rolleiflex che permette di realizzare 12 fotogrammi in formato 6×6. A latere il più conveniente dei formati è il 6×4,5 che consente di ottenere 16 pose ed essendo rettangolare permette un’inquadratura già definitiva in ripresa. Sì perché non dobbiamo dimenticare che quando Venne concepita la Rolleiflex, venne scelto un fotogramma quadrato per permettere al fotografo di concentrarsi unicamente sulla scena, senza altri indugi, lasciandogli poi la possibilità di decidere se stampare, sempre su carta rettangolare, l’immagine, in orizzontale o in verticale. va anche detto che molti utilizzatori del formato 6×6 stampano in formato quadrato, perché compongono l’immagine con più calma sul vetro smerigliato quadrato senza poi potersi permettere tagli; ma una foto quadrata è meno dinamica di una rettangolare e da che mondo è mondo, ovvero dalla pittura, da cui deriva la fotografia, non si sono “quasi” mai visti quadri “quadrati…”
Victor…
Rolleiflex si impose a livello mondiale come un sistema, anche se a ottica fissa, in grado di soddisfare qualunque genere fotografico professionale. Ecco, il limite è proprio l’ottica fissa, se si cerca un teleobiettivo bisogna acquistare la Rollei Tele, ovvero una macchina armata con ottica tele, se si cerca un grandangolare si deve comprare la Rolleiflex Wide. Questo è stato indubbiamente, da sempre il tallone d’Achille di Rolleiflex.
Senza aggiungere troppo, quando nel 1946 introdusse la prima Hasselblad, la 1600F, progettò una fotocamera che non solo aveva le ottiche intercambiabili, ma anche i magazzini e permetteva la visione dell’immagine attraverso un sistema a specchio – come le reflex 35mm – leggendo alla perfezione il 100% dell’area inquadrata e con un perfetto controllo della parallasse . che di fatto nelle Single Lens Reflex è un problema che non si pone.
La storia sarebbe ben più affascinante, perché l’azienda – che all’inizio si occupava d’altro, fu fondata dal nonno di V.H., Fritz Victor Hasselblad, nel 1841, quindi più di cento anni prima che Victor progettasse la 1600F.
Su Hasselblad ho già parlato diffusamente qui:
https://www.gerardobonomo.it/2019/02/26/hasselblad-guida-pratica-di-utilizzo-parte-prima/
https://www.gerardobonomo.it/2019/02/28/hasselblad-guida-pratica-di-utilizzo-parte-seconda/
Non è quindi il caso, qui, di entrare troppo nei dettagli.
Gli americani sono andati sulla Luna? Hasselblad di sicuro…
LA PRIMA MISSIONE DI HASSELBLAD NEL 1962
Il viaggio insieme di Hasselblad e della NASA è iniziato nel 1962 durante il programma Mercury. Il futuro astronauta della NASA e appassionato di fotografia Walter Schirra aveva la sua Hasselblad 500C con un obiettivo Planar f/2.8, 80mm. Avete capito bene: Schirra si portò in missione la SUA Hasselblad personale…Conoscendo l’alta qualità della fotocamera Hasselblad, Schirra ha suggerito alla NASA di utilizzare una Hasselblad per documentare lo spazio poiché il modello di fotocamera precedente utilizzato ha fornito risultati deludenti. Dopo aver acquistato alcune 500C, è seguito un programma di perdita di peso che includeva la rimozione del rivestimento in pelle, dell’otturatore ausiliario, dello specchio reflex e del mirino. È stato costruito un nuovo caricatore di pellicole per consentire 70 esposizioni invece delle solite 12. Infine, una verniciatura esterna nera opaca ha ridotto al minimo i riflessi nella finestra dell’orbiter. La snella Hasselblad si sarebbe trovata nel carico utile di Mercury 8 (MA-8) nell’ottobre 1962. Le immagini di successo e di alta qualità che Schirra catturò attraverso le sue sei orbite della Terra avrebbero aperto un nuovo capitolo nella storia di Hasselblad e un lungo , stretta e reciprocamente vantaggiosa collaborazione tra l’agenzia spaziale americana e il produttore svedese di fotocamere.
Fotocamere fatte per lo spazio
Man mano che il dipartimento fotografico della NASA cresceva rapidamente, i contatti con il produttore di fotocamere svedese si ampliavano. A sua volta, Hasselblad ha modificato e perfezionato le sue fotocamere per renderle ancora più adatte all’uso spaziale, sperimentando diverse costruzioni e obiettivi. Per molti anni, la NASA era determinata a tagliare ogni grammo superfluo dal carico utile, il che significa che le Hasselblad a bordo erano costrette a essere il più leggere e snelle possibile e a mantenere comunque la famosa qualità Hasselblad. E questo hanno fatto.
Rolleiflex?
Victor Hasselblad incontrò quell’altro pioniere della fotografia di medio formato, Reinhold Heidecke (che con Paul Franke fu l’autore di quell’altra macchina epocale: la Rolleiflex biottica) al Photokina del 1954 a Colonia.
Victor Hasselblad invitò Heidecke a venire in Svezia, e l’anno successivo Heidecke lo fece davvero. Dopo aver visitato la fabbrica Hasselblad a Göteborg, Victor Hasselblad ha intrattenuto il suo ospite a Råö.
Oltre a discutere di tutti i tipi di questioni tecniche che i pionieri della fotocamera amano discutere, hanno organizzato un servizio fotografico. I partecipanti, oltre al soggetto, erano gli stessi due produttori di fotocamere.
L’immagine qui sopra, che mostra Hasselblad e Heidecke mentre provano le loro fotocamere l’una sull’altra, è pubblicata nel libro di Evald Karlsten “Hasselblad – I am the camera” (pagina 65).
La didascalia menziona che Victor Hasselblad utilizza un 500 C. In effetti, la fotocamera è un 1000 F.
Tornando a Rolleiflex, mi ha sempre affascinato il fatto che entrambe le aziende, la seconda tedesca, la prima svedese, abbiano scelto Zeiss come produttore degli obiettivi. Su alcune Rolleiflex è montato lo Zeiss Planar 80mm f/.28, lo stesso obiettivo è disponibile, questa volta intercambiabile per Hasselblad. E forse non tutti sanno che Lo Zeiss Planar è un obiettivo fotografico progettato da Paul Rudolph alla Carl Zeiss nel 1896. L’originale di Rudolph era un design simmetrico a sei elementi.
Rolleiflex si ama, Hasselblad….
Anche di Rolleiflex ho parlato diffusamente:
https://www.gerardobonomo.it/2017/09/07/fotografare-con-la-rolleiflex/
https://www.gerardobonomo.it/2017/09/18/come-si-carica-una-rolleiflex/
https://www.gerardobonomo.it/2018/10/23/proteggiamo-gli-accessori-della-nostra-rolleiflex/
https://www.gerardobonomo.it/2018/11/26/rolleiflex-gli-accessori/
https://www.gerardobonomo.it/2019/07/17/rolleiflex-guida-alluso-delle-lenti-addizionali-rolleinar/
https://www.gerardobonomo.it/2020/03/06/rolleiflex-e-deep-red-meglio-conosciuto-come-profondo-rosso/
Nei miei anni di esperienza ho amato Rolleiflex – e usata – mentre ho usato Hasselblad, senza amarla, ovvero senza affezionarmi. Rolleiflex ti imbriglia con un’offerta di soluzioni essenziali, un obiettivo non intercambiabile e una visione biottica. Hasselblad ti concede ogni duttilità, ottiche intercambiabili, magazzini intercambiabili e soprattutto la visione SLR
Rolleiflex si ama, Hasselblad….
Mi piace pensare che la foto più iconica di tutto il 900 sia quella scattata da Sam Shaw a marylin Monroe sul set di The Seven Year Itch Diretto da Billy Wilder nel 1955.
Sam Shaw era il fotografo di scena e indubbiamente a immortalato Marylin mentre i vestiti si sollevano colpiti da uno sbuffo della metropolitana. Mi piace pensare, anche se pur documentadomi non ho trovato conferme, che Sam per scattare la foto più iconica del 990 ha usato una Rolleiflex.
Anche di Rolleiflex ho parlato diffusamente:
https://www.gerardobonomo.it/2017/09/07/fotografare-con-la-rolleiflex/
https://www.gerardobonomo.it/2017/09/18/come-si-carica-una-rolleiflex/
https://www.gerardobonomo.it/2018/10/23/proteggiamo-gli-accessori-della-nostra-rolleiflex/
https://www.gerardobonomo.it/2018/11/26/rolleiflex-gli-accessori/
https://www.gerardobonomo.it/2019/07/17/rolleiflex-guida-alluso-delle-lenti-addizionali-rolleinar/
https://www.gerardobonomo.it/2020/03/06/rolleiflex-e-deep-red-meglio-conosciuto-come-profondo-rosso/
Nei miei anni di esperienza ho amato Rolleiflex – e usata – mentre ho usato Hasselblad, senza amarla, ovvero senza affezionarmi. Rolleiflex ti imbriglia con un’offerta di soluzioni essenziali, un obiettivo non intercambiabile e una visione biottica. Hasselblad ti concede ogni duttilità, ottiche intercambiabili, magazzini intercambiabili e soprattutto la visione SLR
Perché Hasselblad, almeno in Italia, ha avuto un successo maggiore rispetto ad altri Paesi.
Hasselblad per decenni è stata importata in Italia dalla torinese Fowa, per la precisione dalla sua titolare, la compianta e straordinaria Signora Helga Winkler che ha immediatamente compreso come, per un prodotto professionale – Hasselblad non era solo che importava – era necessario un servizio di assistenza pronto, perfetto e rapido. I professionisti che compravano Hasselblad potevano contare quindi su un servizio di assistenza estremamente efficiente e rapidissimo, per poter ridurre quasi a zero i tempi di attesa sul lavoro quando possedevano un solo corpo. Per anni Fowa ha avuto il riconoscimento da Hasselblad come miglior reseller a livello mondiale, e questo la dice lunga, molto lunga.
Fowa c’è ancora, così come c’è ancora LTR che si occupa anche dell’assistenza dell’azienda gemella, la Nital, il distributore esclusivo per l’Italia dei prodotti Nikon e non solo.
ma non ripara più le Hasselblad a pellicola
Fortunatamente in Italia esistono ancora molti riparatori in grado di assistere e riparare sia le Rolleiflex che le Hasselblad, quindi chi oggi ne è possessore può continuare a dormire su due guanciali.
Non dimentichiamo poi la possibilità via software del Image Dust Off: si scatta una foto e poi, attraverso appositi programmi di Nikon, è possibile sottrarre via software la polvere dalle immagini “ contaminate.
Non dimentichiamo infine che la Nikon Z fc non è weatherproof, è quindi opportuno non esporla nè all’acqua – pioggerella – nè alla sabbia. L’importante è sapere le cose e agire di conseguenza.
Gli altri brand
Il mondo non è stato certo a guardare i successi di Rolleiflex e Hasselblad: soprattutto in Giappone sono nate aziende che hanno fatto la loro parte nel medio formato: Zenza Bronica, Asahi Pentax, Mamiya, Fuji, giusto per citarne alcune, ma nessuna è arrivata mai ai livelli di sofismi e nel caso di Hasselblad, di parco ottiche e accessori di quella portata.
E non dimentichiamoci l’italianissima Silvestri, ancora operativa nella produzione di particolari fotocamere medio formato.
La prova
Complice un temporaneo possesso di giornata di un’Hasselblad, un Distagon 50mm e un Planar 80mm ho voluto provare insieme ad Hasselblad, in sequenza, nella stessa giornata tre pellicole di un’azienda che va considerata tra le colonne dell’argentico: Ilford, e per la precisione la classica triade, Ilford Pan F Plus, Ilford FP4 Plus, Ilford HP5 Plus.
ILFORD
Ilford è stata fondata in Inghilterra nel 1879, come Britannia Works Company.
Nel 1902 il nome della società diventa Ilford Limited e nel 1912 inizia la produzione di roll film – prima producevano solo dry plates, nell’attuale sede di Mobberley.
Nel 1959 la ICI ( Imperial Chemical Industries acquisisce la maggioranza di Ilford.
Nel 1963 inizia la collaborazione con l’industria farmaceutica Ciba e nasce il Cibachrome, il sistema per stampare direttamente da diapositiva, la sede è a Marley, in Svizzera.
Proseguono diversi passaggi e acquisizioni societarie fino allo stato attuale, la Harman Technology Limited.
In Italia Ilford, fin dalla fine degli anni 60 conduce una straordinaria politica di educational al mondo della camera oscura, coinvolgendo scuole e circoli fotografici. Produce anche moltissime pubblicazioni gratuite semplici ma estremamente ben fatte che vanno letteralmente a ruba durante le fiere di settore, come il compianto Sicof di Milano. Producendo, oltre che le pellicole, anche la carta da stampa e tutta la chimica, Ilford diventa un riferimento di brand per tutta la filiera della fotografia argentica, soprattutto bianco e nero, e lo è ancora oggi.
Sempre parlando dell’Italia, colossi come Kodak nello stesso periodo si concentrarono soprattutto nella vendita delle pellicole negative amatoriali e della chimica e della carta per i laboratori e i minilab. Ha parlato certamente anche delle sue perle argentiche, a cominciare dalla Kodak Tri X 400, per passare alle mitiche TMAX 100 e 400 con l’invenzione dei T grain, ma ha sempre diffuso in sottotono la sua eccellente chimica, soprattutto quella per lo sviluppo del bianco e nero, e non ha mai spinto sul fronte della carta fotografica bianco e nero.
Ancora nella stesso periodo Agfa aveva una importante filiale a Milano ed era concentrata su tre fronti: le pellicole e la chimica radiografica, le pellicole, la carta a colore e i sistemi di sviluppi automatizzato del C41 e dei minilab, e le pellicole, la carta e la chimica bianco nero.
Non dimentichiamoci che il Rodinal, sviluppo one shot, venne brevettato tra il 1891 e il 1892.
Agfa Leverkusen, dove venivano prodotti le pellicole, la carta e la chimica bianco e nero venne assorbita dalla Bayer nel 1981.
Agfa chiuse definitivamente i battenti nel 2004 mentre la consorella belga, la Agfa Gevaert, produce ancora sia nel campo medicale che nelle pellicole, che oggi troviamo sotto il brand Rollei, sotto la direzione della amburghese Maco.
Nel bianco e nero Agfa rivestì comunque in Italia un ruolo molto importante.
Citiamo altri attori, come Fujifilm, famosa per la sua straordinaria -ed estremamente costosa – Across 100, e altri brand, soprattutto nel mondo della pellicola bianco e nero, come Kentmere, Foma, La già citata Rollei – che produce anche chimica e carta – Bergger, Adox.
ma è un dato di fatto che come educational e come completezza di offerta per la camera oscura bn Ilford si distinse sempre da tutti gli altri brand
Ilford Pan F Plus
E’ stata presentata nel 1948 e aveva una sensibilità di soli 16 ISO. Nel 1956 la sensibilità è stata portata a 25 ISO, mentre nel 1992 agli attuali 50 ISO
Potete trovare il datasheet in inglese aggiornato cliccando QUI
ILFORD PAN F Plus è una pellicola in bianco e nero a grana estremamente fine. Ha una risoluzione e una nitidezza eccezionali. Queste caratteristiche lo rendono la scelta naturale dove i dettagli fini e la mancanza di grana sono più importante della velocità della pellicola. Gli ingrandimenti in formato murale dei negativi PAN F Plus mostrano un’eccezionale gamma di tono e dettaglio quando la pellicola viene esposta e lavorata con cura.
La risoluzione è di 150 l/mm e può essere sviluppata tanto nella sua chimica proprietaria che di atri brand. Vista la necessità di usare, in esterni, in molte situazioni, filtri dal giallo all’arancio fino al rosso, l’uso del treppiedi per questa pellicola è quasi obbligatorio.
La Ilford Pan F Plus è disponibile nel formato 135/36 – e in bobine da 17 e da 30,5 m – nel formato 120, ma non in pellicola piana
Ilford FP4 Plus
Ilford FP4 Plus nasce nel 1935 a denominazione Ilford FP. Pellicola pancromatica a grana fine
Nel 1968 cambia il nome in FP4 e nel 1990 in FP4 Plus, modificando ovviamente, tra le varie versioni, anche la ricetta argentica della pellicola
125 ISO, probabilmente la pellicola bn più diffusa al mondo
Trovate la scheda tecnica in inglese cliccando QUI
E’ disponibile sia in formato 135 in rulli da 36 pose, che nel formato 120 e in pellicola piana, sia in 4×5 che 5×7 che 8×10
Io personalmente prediligo le pellicole a bassa sensibilità da usare sul treppiedi e le pellicole di sensibilità media – 400 ISO – da usare a mano libera: sono ben 2 stop in più rispetto a una pellicola da 125 ISO. Ma la FP4 rimane, ripeto, la pellicola più venduta al mondo
Ilford HP5 Plus
Nel 1936, insieme alla FP1 e alla FP2 viene introdotta sul mercato la HP2
Nel 1941 fanno la loro comparsa la FP3 e la HP3, allora con una sensibilità di 200 ISO
Nel 1952 escono le prime HP5 solo in pellicola piana , con una sensibilità di 200 ISO
Nel 1953 esce la HPS, dove S sta per Speed, una pellicola a 400 ISO di sensibilità
Nel 1964 esce la mitica HP4
E finalmente, nel 1989, esce la HP5 Plus, disponibile sia nel formato 135/36 pose, che in bobine, 120, 4×5, 5×7 e 8×10
Nel frattempo Ilford propone decine di diversi prodotti, dal già citato Cibachrome a diverse negative e diapositive colore. Brevetta il sistema Mutigrade che rivoluziona il mondo della stampa bianco e nero con una carta in grado di reagire a una filtratura che va dal giallo al magenta per modulare la gradazione dello stesso foglio di carta da ultramorbido a ultracontrastato
Io e come me decine di amici, con le carte a gradazione fissa comparavamo a malapena un pacco gradazione 2 e un pacco gradazione 3, sperando che due gradazione di poter affrontare ogni tipo di negativo. Avere finalmente un singolo pacco di carta che contiene, potenzialmente, tutte le gradazioni, è stata una rivoluzione, sia da un punto di vista economico che pratico.
Trovate la scheda tecnica della Ilford HP5 Plus in inglese cliccando QUI
La prova sul campo
Utilizzando un SekonicFlashmate L 308X, un treppiedi Manfrotto 190 CXPRO4 e la mitica e insostituibile testa Manfrotto X-Pro-Geared-Head, oltre allo scatto a filo, abbiamo iniziato lo shooting.
Strana accoppiata un 80mm con un 50mm nel mondo del medio formato, ma di fatto accoppiata perfetta, l’80mm per i ritratti, il 50mm per i paesaggi e le foto d’ambiente.
Anche se Ilford ha diversi sviluppi proprietari, ho preferito usare il Bellini Hydrofen, disponibile sia nel flacone da 250ml che da 100ml.
Il Bellini Hydrofen è un rivelatore liquido per negativi caratterizzato da eccezionale nitidezza e finezza di grana, buon utilizzo della sensibilità e riproducibilità del contrasto. I parametri si mantengono stabili per lunghi periodi di tempo grazie all’ottima protezione anti ossidazione.In sviluppatrice a 1+15, in tank da 1+15 a 1+31 con una ancor maggiore acutanza e compensazione. Si acquista la confezione da 250ml, più conveniente, piuttosto che la confezione da 100 ml a seconda di quanti rulli si intendono sviluppare nel medio termine: una volta aperto, infatti, come la maggior parte delle chimiche, specie di sviluppo, ha una durata utile che è meglio non oltrepassi i 3 mesi. Alla diluizione 1+ 31 è estremamente conveniente.
Per avere la tabella competa di sviluppo cliccare QUI
Qui sotto il link al PDF:
I risultati: Ilford HP5 Plus
Qui devo ammettere che sono rimasto sbigottito: parliamo di una pellicola con sensibilità 400 ISO non avrei mai detto che avrebbe avuto una grana così contenuta, merito certamente anche dello sviluppo “ lungo” ma anche della pellicola. Anche la Ilford HP5 Plus è stata sviluppata n tank in Hydrofen Bellini 1+31 anche in questo caso per 8′, primo minuto rotazione continua. Prima dello sviluppo 1′ di prebagno
Conclusioni
Confesso che sono cresciuto a Ilford, per poi passare alle T Max quando vennero brevettate, e approdare poi ad Agfa – prima della chiusura
Oggi uso preferibilmente le pellicole Rollei su base pet come la Rollei RPX 25 e la Rollei Infrared, ma è un dato di fatto che la triade Ilford rimane la pellicola BN più diffusa al mondo.
Sviluppate nel Bellini Hydrofen alla diluizione 1+31, pur non essendo la sua chimica proprietaria, ho avuto innanzitutto la piacevole sorpresa che tutte e tre le pellicole Ilford necessitavano dello stesso tempo di sviluppo, comodo quando si vuole azzardare uno sviluppo multiplo, in questo caso addirittura inserendo nella tank pellicole differenti.
I risultati sono ottimi, anche se io, come ho scritto preferisco la base PER, le 300 linee/mm di risoluzione della Rollei RPX 25 accompagnate da uno spiccata iperpancromaticità che si rivela con il filtro rosso 25A con cieli sereni completamente neri e un netto schiarimento della vegetazione cadùca, per non parlare di quanto questi fenomeni sono amplificati con la Rollei Infrared, se si accetta il fatto che la grana è più evidente e la risoluzione scende a 160 linee/mm
Ilford, come ho già accennato, ha nel carniere altre emulsioni bn, come la Delta 100, la Delta 400, la Delta 3200, la SFX 200, la Ortho Plus e la XP2 400 che va sviluppata in C41, come una normale pellicola negativa colore.
Nove emulsioni, un’offerta quindi più che ricca, che sommata all’offerta di Emulsioni Rollei, Kodak, Foma, Adox, Agfa, Bergger, Kentmere, Fujifilm, – avrò sicuramente dimenticato qualche brand – porta il numero di emulsioni bianco e nero attualmente disponibili sul mercato a oltre cinquanta.
Se da qualche parte leggere che il bianco e nero è morto, forse siete incappati in una notizia corretta ma che non ha a che fare con il mondo delle pellicole, ma magari delle scarpe sportive, come le Nike Dunk LowRetro White Black (2021).
Che per altro sono ancora disponibili…..
Buona luce – e buona oscurità ( nella darkroom.. )
Gerardo Bonomo
Alla prossima, quindi, e vi ringrazio per il vostro tempo e la vostra attenzione
Il vostro affezionatissimo, iridescente, senescente, e soprattutto, monopolicromatico, Gerardo Bonomo
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