I filtri Cokin nella fotografia in bianco e nero
Di recente ho realizzato un articolo sempre sui filtri in bianco e nero in cui accennavo anche al sistema Cokin.
Per molte specifiche riguardanti in generale l’uso dei filtri nella fotografia su pellicola in bianco e nero rimando all’articolo:
In questo articolo, invece, mi concentrerò esclusivamente sul sistema Cokin, un sistema unico e interessante sotto diversi aspetti
Buona lettura a tutti
Gerardo Bonomo
Era il lontano 1978
Il sistema Cokin È stato inventato dal fotografo Jean Coquin e introdotto nel 1978 che inventò ed introdusse sul mercato il “Creative Filter System”. Nel 2010, dopo alcuni anni di difficile amministrazione, Cokin è stata acquistata dal gruppo giapponese Kenko-Tokina Co. Ltd. che ha preso in comando gli aspetti di gestione economica pur lasciando la progettazione e la produzione dei filtri nella sede originaria francese.
Come funziona il sistema Cokin
Basato principalmente su filtri quadrati, questi richiedono un supporto (Holder) che è fissato all’obiettivo tramite un semplice anello adattatore ( Adapter Ring ) delle dimensioni appropriate. A differenza dei filtri circolari con filettatura a vite, ciascuno legato a lenti di un diametro specifico, quelli del sistema possono essere utilizzati con qualsiasi lente, a condizione che siano sufficientemente grandi da coprirla a sufficienza. (Potrebbe essere necessario sostituire solo l’anello adattatore).
Che cos’è il CR-39
Questo capitolo lo potreste anche saltare a piè pari, ma io lo considero importante per il fatto che i filtri Cokin non sono realizzato in vetro minerale o cristallo ottico ( vetro crown ) come la maggior parte dei filtri circolari ma in CR-39, un vetro organico che ha dei vantaggi rispetto al vetro, a cominciare dal fatto che è praticamente infrangibile, rispetto al vetro crown usato di norma per i filtri a vite, è più leggero ed è comunque resistente ai graffi ( questo non significa che può essere pulito con la carta vetrata… Detto questo, se non volete farvi sopraffare da un capitolo di chimica/fisica/ottica, potete anche passare al capitolo successivo.
I filtri Cokin sono prodotte utilizzando un vetro organico CR-39. Il CR39 o poliallil-diglicol-carbonato (PADC) è un polimero plastico appartenente alla classe dei poliesteri.: tutti i filtri Cokin sono realizzati in vetro organico CR-39 – originariamente lanciato per l’industria delle lenti da vista, il vetro organico CR-39 vanta diverse caratteristiche principali:
Extra leggero
Altamente resistente agli urti, il che significa che fotografi, operatori video e cameraman possono maneggiare i filtri in tutta sicurezza e sicurezza
Il poli(allil diglicole carbonato) (PADC) è una plastica comunemente usata nella produzione di lenti per occhiali insieme all’altro materiale PMMA (polimetilmetacrilato). Il monomero è l’allil diglicole carbonato (ADC). Il termine CR-39 si riferisce tecnicamente al monomero ADC, ma è più comunemente usato per riferirsi alla plastica finita.
L’abbreviazione sta per “Columbia Resin #39”, che era la 39a formula di una plastica termoindurente sviluppata dal progetto Columbia Resins nel 1940
La Columbia-Resins progettò su ordinazione un altro materiale avente lo scopo di realizzare il parabrezza degli aeri militari. Furono testati circa 180 monomeri termoindurenti tra cui fu scelto il composto numero 39 (glicocarbonato di allile) meglio conosciuto come columbia resins 39 o CR39.
Nel 1947 un optometrista di nome Robert Graham intuì le potenzialità che il CR39 poteva avere anche nella produzione di lenti oftalmiche leggere infrangibili e meglio resistenti ai graffi del plexiglass (pmma). Il CR39 è stato inoltre ampiamente impiegato per la rivelazione di tracce nucleari (particelle alfa, prodotti di fissione) mediante attacco chimico della superficie e successiva analisi con microscopio ottico.
Caratteristiche
Questo polimero garantisce proprietà ottiche e meccaniche vantaggiose rispetto al vetro crown, con indice di rifrazione di 1,498 (vetro crown 1,523) e bassa dispersione cromatica ( numero di Abbe 57,8 ) trasmittanza 93%,ma peso specifico 1,39 circa la metà del vetro crown con resistenza all’impatto 4 volte superiore. Bassa protezione UVA. Il CR39 è un materiale più morbido del vetro ed a tale inconveniente si ovvia con opportuni trattamenti antigraffio, il più diffuso è il coating organico. Si tratta di un rivestimento con una vernice antigraffio 4-6 micron realizzato mediante bagno di polisilossano(materiale organico trasparente contenente silice)
Il confronto con altri materiali ottici quali il metacrilato con cui sono costruiti alcuni accessori ottici di qualità medio-bassa quali gli occhiali premontati permette di comprendere la bontà del materiale e la sua diffusione. Il metacrilato pur avendo caratteristiche ottiche molto simili al CR39, ha invece caratteristiche fisico-meccaniche molto inferiori quali la resistenza all’impatto, la durezza superficiale (graffi), alta termolabilità (si altera se esposto al sole) e un basso numero di Abbe con la conseguenza di un’alta aberrazione cromatica (disperde la luce come l’arcobaleno) che ne pregiudica la qualità ottica rispetto al CR39.
Il CR39, nelle leggere varianti prodotte da ogni azienda, risulta essere il materiale di base per le lenti oftalmiche di medio basso potere. La resistenza chimica del CR39 è ottima, la superficie non viene intaccata da diversi solventi: acqua, alcool etilico, trielina, acetone e diluente nitro.
Trattamenti
La resistenza alle abrasioni del CR39 è media, per migliorarla si può effettuare un trattamento indurente sulla superficie in modo da aumentarne la resistenza alle abrasioni.
Un ulteriore trattamento disponibile e consigliato è l’antiriflesso, che permette di ridurre drasticamente i riflessi residui delle superfici. I trattamenti antiriflesso odierni sono molto evoluti e sempre combinati a un trattamento indurente apposito per la lente base e a un trattamento per rendere la superficie esterna (del trattamento) più resistente, meno sensibile allo sporco e all’appannamento. Il CR39 si può colorare normalmente per immersione in un bagno apposito e si possono ottenere tutte le tinte possibili.
( da Wikipedia )
I tre componenti principali del sistema Cokin
Il sistema Cokin è composto da tre elementi principali, l’Adapter Ring (1), l’Holder (2) e naturalmente la serie di filtri(3)
Adapter Ring
l’Adapter Ring, un adattatore in metallo che si avvita all’obiettivo e che è disponibile in diametri che vanno da 36 a 112mm oltre a tre adattatori per Hasselblad ( B50, B60 e B70 e uno per Rolleiflex ( Bay 6). ( sono oltre 29 adattatori che coprono di fatto il diametro di quasi qualsiasi obiettivo al mondo )
L’Holder
l’Holder che è il portafiltri vero e proprio ed è disponibile in quattro differenti misure, a seconda del Adapter Ring utilizzato. Quello di uso più comune è il modello P, ora contrassegnato dall’identificativo M, che accetta Adapter Ring da 48 fino a 82mm
Esiste poi una serie Holder chiamato EVO, per uso professionale, realizzati in alluminio
Qui di seguito la tabella di compatibilità tra i vari Adapter Ring e i vari Holder
Se cliccate due volte sull’immagine la potrete ingrandire a piacere
I filtri
Cokin ha letteralmente una sterminata serie di filtri: si parte da quelli di compensazione e conversione per il colore, per passare ai Neutral Density, ai Degradanti, ai Creativi e ai filtri IR. la maggior parte sono quadrati, i Degradanti sono rettangolari, i polarizzatori e il filtro IR circolari. E’ quando si comincia ad avere un robusto assortimento che ci si rende conto della convenienza assoluta del sistema: si cambia obiettivo e ci si deve limitare a cambiare solo l’Adapter Ring
I filtri per il bianco nero
I filtri per il bianco e nero sono il giallo, l’arancio, il rosso e il verde
Si aggiunge il polarizzatore, i filtri ND e quelli Digradanti, tenendo presente che è possibile inserire più di un filtro contemporaneamente nel Holder.
Cokin ha a catalogo dei kit, come quello per bianco e nero, che incorpora i quattro filtri .
Il filtro IR
C’è anche un filtro, il P0007, IR, che taglia tutta la radiazione del visibile fino ai 720 nanometri. Era già a catalogo come filtro quadrato (prima immagine ), ma è stato ridisegnato come circolare, così che, una volta inserito nel Holder, diventa perfettamente ermetico alla radiazione del visibile anche lungo i bordi.
Nel grafico è visibile l’andamento dello spettro: completamemte cieco fino ai 720 nanometri
E’ disponibile anche in kit con un Holder
La pellicola elettiva è la Rollei Infrared, disponibile in formato 135, 120 e in pellicola piana 4×5″
La prova sul campo
Ho utilizzato una pellicola Rollei Retro 400s, una pellicola stesa su base PET, iperpancromatica che ho poi sviluppato in Bellini Hydrofen alla diluizione 1+31 per 17’, anticipato da un prelavaggio in acqua del rubinetto per 1’ per togliere lo strato antihalo
Essendo iperpancromatica, il suo spettro di sensibilità arriva a 620 nanometri e ho quindi tentato di vedere che risultato avrei ottenuto anche con il filtro IR
L’esposizione
Usando i filtri non è possibile fare affidamento sugli esposimetri integrati sulle fotocamere.
Ho quindi usato un esposimetro esterno, l’intramontabile Sekonic Flashmate L-308X e anzichè misurare in luce riflessa il paesaggio o in luce incidente la luce che illuminava il paesaggio l’ho puntato in luce riflessa su un cartoncino grigio 18%, sempre di Sekonic – è la copia della mitica Kodak Grey Card – per avere una misurazione assoluta della luce che illuminava il paesaggio
Location
Lombardia, provincia di Como, 387m slm, ore 17.00, giornata serena ma piuttosto afoso, cielo piuttosto sciapo anche se sereno, per fortuna treni di nuvole, che oltre ad essere fotogeniche, muovendosi tra uno scatto e l’altro rendono ogni scatto unico, e in teoria sanciscono la non postproduzione. I negativi sono stati riprodotti con una Nikon D5600 e obiettivo Micro Nikkor 60mm G a f/11. Tutte le riproduzioni sono state fatte a 1/15 di secondo in modo da meglio comprendere i bracketing che sono stati realizzati e capire l’assorbimento in stop di ciascun filtro.
Nikon FM3A in manuale, treppiedi Manfrotto CXPRO4, testa Manfrotto X-PRO-Geared-Head
, scatto a filo, livella a bolla. Per ogni scatto è stato trascritto il diaframma, il tempo, il filtro in uso.
Il risultato
Siamo partiti con il filtro rosso a f/11 1/500 di secondo
Filtro giallo, leggero schurimento del cielo: f/11 1/250 : + 1 stop
Filtro arancio, scurimento del cielo più marcato f/11 1/125 di secondo. + 2 stop ( è possibile che avremmo ottenuto un risultato migliore a 1/250 di secondo: +1 stop
Filtro Rosso: perfetto annerimento del cielo f/11 1/60 d secondo: + 3 stop
Filtro verde: schiarimento della vegetazione f/11 1/250 di secondo: +1 stop
Qui di seguito le immagini originali, clicccando due volte sull’immagine potrete vederla molto ingrandita
Il filtro IR su Rollei Retro 400s
L’ho voluto tenere separato perché, com e già spiegato, anche se la Rollei Retro 400s è una pellicola iperpancromatica, f/11 1/30 di secondo: +4 stop il filtro IR ha annerito completamente i cielo, schiarendo la vegetazione: in modo evidente con la Rollei Infrared il risultato è ancora più marcato, ma anche questo è un buon traguardo
Di quanto sovraesporre?
Qui di seguito delle strisciate di pellicola con i vari filtri e le varie esposizioni.
Notate che si sovraespone troppo i cieli tendono nuovamente a schiarirsi
Rollei Retro 400S. Filtro Cokin Rosso Creative Red 003. f/11 1/500 1/250 1/125 Rollei Retro 400S. Filtro Cokin Verde P004. f/11 1/500 1/250 1/125 1/60 Rollei Retro 400 S. Filtro Cokin 720-89B Infrared filter (007) f/11 1/500 1/250 1/125 1/60 Rollei Retro 400 S. Filtro Cokin 720-89B Infrared filter (007) f/11 1/30 1/15 1/8 1/4[
Conclusioni
I filtri Cokin, che già conoscevo da anni, si rivelano ancora perfettamente attuali e con un rapporto qualità/prezzo/prestazioni davvero unico, visto che un singolo filtro può essere montato su differenti diametri di obiettivi.
Riconfermo nuovamente che nella fotografia in bianco e e nero su pellicola i filtri in ripresa sono assolutamente indispensabili e riescono a modificare, migliorare, personalizzare sia la gamma tonale che il mood di ogni singolo scatto. E’ vero che sotto l’ingranditore, mascherando o scurendo alcune zone si può migliorare il risultato, ma non è possibile in tutte le situazioni ed è una disciplina che fa parte del processo di stampa per la quale ci vuole davvero tempo e tanta sperimentazione per arrivare al risultato prefissato. E anche usando la mascheratura e la bruciatura i filtri in ripresa rimangono comunque indispensabili, come ho dimostrato in questo articolo
Gerardo Bonomo
Alla prossima, quindi, e vi ringrazio per il vostro tempo e la vostra attenzione
Gerardo Bonomo
Ringrazio Felix Bielser di Puntofotogroup Milano per aver messo a disposizione il materiale Cokin utilizzato per la realizzazione di questo articolo.
I miei video e i miei articoli sono accessibile a tutti e gratuitamente. Se volete fare una donazione utilizzando PayPal, il mio indirizzo è gerardobonomo@gmail.com . Specificate DONAZIONE e il vostro indirizzo mail per permettermi di ringraziarvi. ( vi ricordo i miei corsi sulla fotografia bianco e nero, dalla ripresa alla stampa, sia one to one che via Skype. Contattatemi: gerardobonomo@gmail.com, Cell.: 3356619215 )