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Introduzione

E’ passato il periodo di Roger Fenton… Anche se quel carro era adibito non solo allo sviluppo ma anche alla stampa. Imparare a sviluppare da sé i propri negativi è innanzitutto un’esperienza appagante. Dopo aver scattato il nostro negativo, riuscire a svilupparselo da sé e poi magari anche a stamparlo in una propria, anche piccola camera oscura, chiude perfettamente il cerchio della fotografia in bianco e nero. L’attrezzatura necessaria, come vedrete è decisamente basilare e posso dire economica; l’unica cosa che non potete comprare è il BUIO, e il buio vi sarà necessario…

In questo articolo vi spiegherò solo cosa serve, ma non la procedura, che ho già spiegato in precedenti articoli e video e su cui tornerò prossimamente,

Buona lettura

Gerardo Bonomo

08 Nikon Z7 Nikon F
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Il buio oltre la siepe

Il negativo è ESTREMAMENTE sensibile alla luce, non dico che basta un fotone per renderlo inservibile durante lo sviluppo, più precisamente durante il caricamento della pellicola nella tank, ma basta che vi si accenda il display del cellulare per bruciarlo completamente. Anche gli smartwatch  è meglio toglierseli dal polso. Difficile ricreare il buio assoluto in una stanza, ognuna sa i limiti della propria stanza, ma la cosa è fattibile, con qualche accorgimento. Posso anche dire che in realtà, se dopo qualche minuto al buio, mentre i vostri occhi si adattano, vedete una debole fugace sensazione di luce provenire da una tapparella chiusa, se avete fortuna, dovrete stare al buio per pochi minuti, quelli necessari a caricare nella spirale la pellicola e a inserirla nella tank. E qualche fotone, per qualche minuto, non riescono ad impressionare la vostra pellicola.

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Le due soluzioni

La prima, che nelle puntate successive vi chiarirò meglio, è approfittare di un locale COMPLETAMENTE buio, è più facile caricare la pellicola nella spirale con le mani completamente libere.

La seconda soluzione è la changing bag, una particolare sacca con un doppio strato di tessuto, una o due cerniere a lampo e due manicotti a strangolo in cui inserire le mani spingendo gli elastici della sacca quasi fino al gomito. Ne esistono di diversi modelli, alcune con una sorta di armatura in acciaio armonico che le impedisce di afflosciarsi sulle mani rendendo più complessa l’operazione. La si apre per inserire tutto il materiale occorrente al caricamento della pellicola nella spirale prima, nella tank poi la si richiude, si infilano le mani e gli avambracci e a questo punto si procede con il caricamento. Attenzione, una volta che avete cominciato ad estrarre la pellicola dal rullino e inserirla nella spirale, non potete più aprire la sacca, se la pellicola si dovesse bloccare: in questi casi è necessario riavvolgere la pellicola nel rullino, lasciando fuori due cm di pellicola, e ricominciare da capo.

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Estrattore coda pellicola

Mentre per le pellicole 6×6 o 120 è sufficiente, al buio, svolgere la carta di protezione per arrivare alla pellicola e caricarla, per le pellicole 24x36mm o 135 è necessario un estrattore che permetta di estrarre la coda del rullino perché quando la pellicola nella fotocamera, la coda  “ scompare” nel rullino. Esistono diversi tipi di estrattori, io preferisco i modelli come quello raffigurato .

Esistono anche altri metodi, con differente strumento, che permette di aprire la parte superiore del rullo ed estrarre la pellicola senza farla passare attraverso la fessura con doppio bordo in velluto; il concetto è evitare che la pellicola si graffi, ma è un  falso mito perchè la pellicola è già passata attraverso la fessura con i velluti durante il caricamento il fabbrica, è passata una seconda volta durante la fase di scatto, una terza volta durante il riavvolgimento della pellicola nella fotocamera; questo significa che i velluti non graffiano la pellicola e che trovarsi la pellicola scardinata dal rullo in mano è complesso, di solito si presenta come la molla di carica di un orologio uscita dalla sua sede… ( avete presenti i boccoli di  Shirley Temple…? ) Vi assicura per esperienza personale che a quel punto la pellicola non ha nessunissima voglia di entrare nella spirale….

 

 

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Forbici stondate

Le forbici sono necessarie per tagliare la coda della pellicola, una volta estratta alla luce, e per separare il rullino dalla pellicola una volta terminato il caricamento nella tank. Raccomando forbici stondate per due motivi, il primo per evitarsi di ferirsi, quando dovrete separare la pellicola avvolta nella spirale al buio, il secondo, quasi usate la changing bag, per evitare, involontariamente di bucarla. Prima di spegnere la luce nella vostra camera oscura o prima di chiudere la changing bag, assicuratevi di avere a portata di mano nel primo caso, o inserito nel secondo caso, le forbici stondate. E’ IMPOSSIBILE separare a mano la pellicola dal rocchetto, se non avete le forbici non potete staccarla una volta terminato l’avvolgimento della pellicola nella spirale.

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La tank e la o le spirali

Esistono in commercio diversi tipi di tank, di diversi marchi, il più diffuso è indubbiamente Paterson che propone due tipi di tank, le Super System 4, che possono alloggiare o una solo spirale 135 ( tank di destra ), o due spirali 135 o una spirale 135 estesa per ospitare una pellicola 120. Paterson produce poi una linea di tank, chiamate Super System 4 Multi-Reel Tanks che possono contenere fino a 8 spirali caricate con pellicola 135. Per iniziare io vi esorto ad acquistare una tank che contiene una sola spirale ( a meno che non dobbiate sviluppare la pellicola 120 ) Prima di prendere la mano con il processo di sviluppo, è meglio affrontare una pellicola per volta, in caso di errore, sarà limitato a una sola pellicola. Io, tutt’oggi, dopo essere entrato per la prima volta in camera oscura nel 1972, preferisco comunque sviluppare una pellicola per volta. La tank è composta da un cilindro in cui inserire la spirale, da un tubo cavo che infilato nel centro della spirale impedisce l’ingresso della luce durante la fase di sviluppo, un imbuto a baionetta ( funnel ) che impedisce a sua volta l’ingresso della luce ma al contempo il travaso dei liquidi, e un tappo ( lid )che impedisce, durante le fasi di sviluppo, che la chimica fuoriesca dalla tank. Come ho detto all’inizio esistono atri eccellenti brand che producono tank e reel ( che in inglese significa spirale ).

La spirale fornita in dotazione con le tank Paterson è molto efficace, ma io preferisco la spirale A:P, la vedete nella foto, che ha due scivoli per far entrare la pellicola nella spirale molto più ampi, sono molto utili nella changing bag – a meno che, come vi consiglio, non abbiate già inserito la coda della pellicola nella spirale alla luce prima di metterla nella changing bag, e in assoluto per inserire la pellicola 120, che in ogni caso va sempre fatto nel buio più assoluto. Srotolata la carta di protezione vi troverete tra le mani l’inizio della pellicola, e infilarla al buio non è semplice; grazie a questi scivoli allargati è più facile trovare il punto di inizio avvolgimento e mettere in parallelo la testa della pellicola con la spirale.

In qualsiasi caso, prima di chiudere la tank con la pellicola inserita, ricordatevi sempre di aver inserito nel centro della spirale il tubo – o colonna – che serve per impedire alla luce di entrare nella tank durante le fasi di sviluppo. Ricordatevi anche, con tutte le tank che hanno l’imbuto (funnel in inglese )  a baionetta, come le ultime Paterson, e non a vite, di fare molta attenzione in fase di trattamento a toccare l’imbuto; la baionetta trattiene l’imbuto alla tank ma è altrettanto facile sganciarlo.

Paterson fornisce come pezzi di ricambio il tubo centrale, l’imbuto, il tappo e il tubo centrale, ma non la parte fondamentale – body – dove si inserisce la spirale. L’unica parte che sopporta una caduta è il tappo, prodotto in un materiale plastico elastico, gli altri componenti, se cadono per terra, possono sbeccarsi, fate quindi attenzione quando li maneggiate, lavate, asciugate  e successivamente conservate.

E’ possibile impostare un tempo di scatto fisso a 1/30 di secondo ed è possibile effettuare starature intenzionali da +1 a -1 stop

Dopo aver premuto l’apposito pulsante MX è possibile scattare un numero infinito di esposizioni sulla stesso fotogramma, variando l’inquadratura la messa a fuoco, selezionando o deselezionando il flash, aumentando o diminuendo la staratura intenzionale

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L’asciugacapelli.

L’emulsione della pellicola è una gelatina animale igroscopica

Quindi se la spirale non è asciutta, la pellicola durante il caricamento si blocca, tenete anche presente l’attrito del caricamento, dovete infilare nella spirale “ a forza ” 160 cm di pellicola.

Dando per scontato che la spirale è asciutta, vi suggerisco, prima di caricare la pellicola, di scaldare leggermente la spirale con un asciugacapelli, tenendo la spirale tra le dita in modo da monitorizzare la temperatura dell’aria che non deve essere troppo calda – rischierebbe di deformare la spirale -. In questo modo avrete la garanzia di una spirale secca e calda, che creerà meno frizioni durante l’avvolgimento, soprattutto se lavorate in changing bag dove, dopo pochi minuti, l’evaporazione delel mani aumenterà il tasso di umidità interno e creando quindi problemi nel caricamento, una spirale calda, prima di “inumidirsi, ci mette molto più tempo.

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Il termometro, analogico o digitale?

E’ uno degli strumenti essenziali, in camera oscura, sia per misurare la temperatura delle chimiche che dell’acqua di lavaggio. I più economici e tradizionali sono quelli ad alcool ( esistono anche al gallio, ma per uso di norma prettamente clinico, e non arrivano quindi spesso a indicare i 20°C )

Dal gennaio del 2009 è vietata sia la produzione che l’uso dei termometri al mercurio, che sono da un lato estremamente inquinanti per l’ambiente, dall’altro fatali per l’essere umano nel caso venisse ingerito o assorbito da una ferita. NON USATE MAI TERMOMETRI AL MERCURIO !!!!!! ( né in camera oscura né per misurare la febbre o altro.

Il termometro digitale

Ne esistono di specifici per camera oscura e da cucina. Vi suggerisco di scegliete un termometro digitale,  possibilmente con, segnalato nelle specifiche, la resistenza all’acqua, che significa weatherproof ( quindi resistente agli schizzi ) e non waterprooof ( quindi resistente all’immersione ) . Ha lo svantaggio, relativo, di funzionare a batteria, ma al contempo il vantaggio di essere composto da una sonda in acciaio ( che può essere immersa completamente in un liquido, e da una parte superiore con un display che oltre ai gradi evidenzia anche i decimi di gradi. Il refresh del cambio di temperatura è istantaneo, inoltre grazie alla sonda, può anche essere infilato nella tank, attraverso il foto dell’imbuto, per misurare e leggere istantaneamente la temperatura della soluzione di sviluppo della pellicola che deve essere SEMPRE a 20°C. Se la temperatura sale si può diminuire il tempo di sviluppo, se la temperatura scende, si può aumentare il tempo di sviluppo senza nessun problema ( cosa non possibile in fase di sviluppo in stampa, specie con le carte politenate, che accettano una temperatura minima di 20°C ma che non sono in grado di lavorare al meglio a temperature inferiori: trascorso il tempo di sviluppo segnalato dal fabbricante – che varia a seconda della diluizione, lo sviluppo si ferma, e se la temperatura è inferiore ai 20°C il foglio di stampa non potrà essere completamente sviluppato. Ne esistono anche dei modelli con il display retroilluminato – debolmente, quindi in pratica non in grado di velare la stampa – molto utile per verificare la temperatura nella bacinella di stampa.

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Timer

Temperatura, diluizione, agitazione e… TEMPO

Ogni smartphone ha un timer e un countdown ed esistono anche delle app apposta che simulano timer da camera oscura, bisogna però impedire lo standby dello smartphone per evitare di “perderlo di vista sul più bello.

Sono preferibili quelli a cronometro anziché countdown, ne esistono di digitali, come quello a sinistra, in grado di memorizzare tre differenti tempi e di suonare al termine del tempo, inoltre, se vi attardate a premere il pulsante successivo il primo display vi indicherà il tempo in più in cui avete lavorato. Sulla prima riga si imposta lo sviluppo, sulla seconda l’arresto, sulla terza il fissaggio. Questo timer non è retroilluminato; quello di destra, analogico di una delle migliori marche del mondo, Junghans, funziona  a batteria; il pulsante rosso a sinistra stoppa il tempo, quello bianco lo azzera, quello zero lo fa partire, sono indicati i secondi e i minuti, le lancette e i numeri sono fosforescenti, quindi può essere usato anche per la stampa fotografica.

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La chimica

Sviluppo, arresto e fissaggio.

Ci sono diversi tipi di sviluppi, ciascuno con sue specifiche proprietà e diluizioni.

Ci si gioca tutto in sviluppo: la temperatura di norma è di 20 gradi centigradi, la diluizione ( 1+15, 1+31, 1+25,1+50, 1+19 è fornita dalle case madri e insieme anche i tempi, che variano a seconda del tipo di pellicola e di diluizione. Di norma la tank si capovolge in continuo per il primo minuto per passare poi a un rovesciamento ogni 30 secondi.

L’arresto di norma è diluito 1+19 ed è utilizzabile anche per la stampa. Di solito nel processo di sviluppo la diluizione è 1+19 e il tempo di circa un minuto. L’arresto previene la contaminazione del fissaggio da parte dello sviluppo, in pratica allunga il tempo d’uso del fissaggio

Il fissaggio di norma si diluisce 1+4 per il tempo di 5 minuti, ed è lo stesso che si impiega anche per la stampa sotto l’ingranditore

Come ho detto, è lo sviluppo che fa il risultato, a seconda della chimica scelta, della diluizione e del tempo

Arresto e fissaggio possono essere scelti, come lo sviluppo, tra decine di prodotti al pronto, non sono loro che fanno la differenza

Nel 99% dei casi lo sviluppo si elimina ad ogni rullino, arresto e fissaggio possono essere utilizzati anche per dieci rulli.

Se in questo articolo, per certe attrezzature, ho dovuto riferirmi a dei marchi, qui, anche se si potrà nell’immagine intuire un marchio, è solo un pretesto per farvi visualizzare la chimica per ll processo di sviluppo.

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Un esempio di kit di sviluppo

Esistono dei kit per lo sviluppo del negativo che comprendono lo sviluppo, l’arresto e il fissaggio, qui raffigurato vediamo un prodotto di Rollei, tutti i flaconi sono da 250 ml.

Tipo di prodotto (bianco e nero/colore): bianco e nero

Confezione: kit

Tipo: concentrato liquido

Concentrato liquido in ml/l: 3x 250ml

Pellicola di produttività: 15-30

Kit di sviluppo pellicola Rollei

Da subito i popolari prodotti chimici fotografici Rollei sono disponibili anche in pratiche bottiglie da 250 ml. Il kit chimico Rollei contiene tutto il necessario per lo sviluppo delle pellicole in bianco e nero.

Sviluppo:  Sviluppatore a grana fine Rollei RSG Supergrain

ROLLEI Supergrain offre negativi con la grana più fine, un’eccellente riproduzione delle ombre e una buona nitidezza dei bordi. La sua elevata capacità di compensazione e l’elevata sensibilità di utilizzo lo rendono uno sviluppo universale per quasi tutte le applicazioni. Fornisce ottimi risultati con tutte le pellicole convenzionali in bianco e nero.

Arresto | Rollei RCS Citro Stop

Quando è esausto o contaminato, il colore rosa chiaro (appare incolore alla luce della camera oscura) cambia in magenta (appare scuro alla luce della camera oscura). Ciò consente di controllare in modo semplice e affidabile l’attività del bagno d’arresto indicatore. A base di acido citrico, meno inquinante rispetto all’acido acetico glaciale al 7%, soprattutto in fase di stampa, non sviluppa gas nocivi per inalazione – nel corso degli anni… –

Fissaggio | Rollei RXA Fix Acid

Rollei FIX ACID è un fissativo altamente concentrato a base di tiosolfato di ammonio ( meno inquinante del iposolfito di sodio e meglio rimovibile in lavaggio sia dai negativi che dalle stampe. La sua composizione è ideale in termini di velocità di fissaggio, resa e durata.

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Lo sviluppo pronto all’uso più antico della storia, il Rodinal di Agfa

Mi sembra doveroso onorare uno sviluppo che è stato brevettato nel 1892, anche se nel corso dei secoli, POSSIAMO DIRE, la formula è stata più volte modificata; è forse lo sviluppo più diffuso della storia, con le sue tipiche diluizioni a 1+25 o 1+50.

Rodinal è il nome commerciale di un agente di sviluppo bianco e nero prodotto originariamente dalla società tedesca Agfa sulla base della sostanza chimica 4-amminofenolo. Rodinal è un popolare sviluppo per le pellicole in bianco e nero ad alta acutanza e viene utilizzato a diverse diluizioni.

Storia

Rodinal fu brevettato il 27 gennaio 1891, diventando così il più antico sviluppatore di pellicole ancora disponibile in commercio. Una novità ai tempi della sua invenzione era che veniva fornito come concentrato liquido e non come polvere.

Durante la divisione della Germania, il produttore originale Agfa fu diviso, diventando la società ORWO nella Germania dell’Est, dove Rodinal fu venduta con il nome ORWO R09.

Dopo l’insolvenza di Agfa nel 2004, la produzione è stata rilevata dalla ricostituita ADOX, che ha acquistato anche i diritti di marchio del nome in Europa (Francia esclusa) e continua a vendere il prodotto con questo nome.

Ma con il nome di R09 è distribuito da moltissimi marchi

Qui il libretto di istruzioni originale.

Qui la storia della sua evoluzione chimica nei decenni.

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Misurare e conservare

La chimica va misurata, a seconda del prodotto si usa una certa quantità di solvente da sciogliere nel soluto ( acqua del rubinetto ). A seconda della quantità di soluzione necessaria, cominciamo dallo sviluppo per negativo, avendo bisogno di 300ml di soluzione fresca, diciamo alla diluizione 1+31, avremo bisogno di 300 ml di soluzione : ( 1+31 =32 ) = 9,37ml di solvente, ovvero di sviluppo, da diluire in 290,63 ml di acqua – il soluto, che insieme al solvente fanno la soluzione, sono quindi necessari diversi cilindri graduati a seconda della diluizione, che può essere di alcuni ml per arrivare a decine di ml, a seconda appunto del tipo di prodotto e relativa diluizione. Vedete nell’immagine anche delle siringhe, atte per esempio a diluizioni per sviluppi di standing, ovvero 1 a 100. 300: ( 1 + 100 = 101 ) = 2,97ml di soluzione. E’ chiaro che per poter ottenere 2,97 ml di sviluppo è necessaria una siringa.

Nella foto notate anche degli agitatori. Servono oltre che per miscelare al meglio il solvente nel soluto, per allineare la temperatura dell’acqua ( in una caraffa l’acqua più fredda sta nella parte inferiore, quella più calda in quella superiore, con l’agitatore si livella la temperatura e successivamente la si controlla ). Gli agitatori top sono in vetro, ma vanno bene anche quelli in plastica. Alcuni modelli come vedete hanno anche il termometro incorporato. Le bottiglie graduate, con doppio tappo di sicurezza servono per custodire arresto, fissaggio e imbibente – ne parliamo dopo, mentre nel 99% dei casi lo sviluppo è usa e getta. Tutto è reperibile anche in vetro o in perspex, ma sono materiali da un lato più trasparenti MA MOLTO più fragili del polipropilene fin qui citato. Scegliete quindi il polipropilene.

15 videotutorial MF AF Nikon FM2 72
15 videotutorial MF AF Nikon FM2 72

Il lavaggio

Dopo che il negativo è stato sviluppato, arrestato e fissato, è necessario un lavaggio accurato, questo vale anche per le stampe, per eliminare l’iposolfito o il tiosolfato d’ammonio contenuto nel fissaggio, che se da un lato è INDISPENSABILE per fissare l’immagine, dall’altro, se non perfettamente asportato dal negativo e dalle stampe – soprattutto – è in grado di    degradare nel tempo l’argento fissato sia sul negativo che sulla stampa.

L’acqua è una risorsa inestimabile ma al contempo in fotografia, nella fase di lavaggio NON PUO’ ESSERE RISPARMIATA, ma vanno evitati gli sprechi. Qui parleremo solo dei metodi di lavaggio della pellicola

Il metodo Ilford

Il metodo Ilford non necessita dell’iniettore e porta a un risparmio ECCEZIONALE d’acqua.

Riempire la tank con acqua alla stessa temperatura della soluzione di processo e capovolgerla 5 volte – attendere 5 minuti (senza toccare la tank).

Scolare l’acqua e riempire di nuovo, quindi capovolgere la tank 10 volte attendere 5 minuti (senza toccare la tank).

Scolare e riempire nuovamente la tank, quindi capovolgerla 20 volte – attendere 5 minuti (senza toccare la tank).

Scolare e riempire nuovamente la tank, quindi capovolgerla 20 volte – svuotare.

Usando questo metodo con una tank Paterson n° 4 ( la tank che contiene al massimo due spirali 35mm) si dovrebbe usare circa un terzo di acqua usata con il metodo tradizionale.

Per la precisione si userà, per una pellicola 35mm, un litro e seicento ml di acqua (400ml x 4 = 1600 ml).

Nota:Il metodo 5-10-20 originario, senza cioè i 5minuti di attesa tra uno svuotamento e l’altro, è un metodo che è in voga da molti anni. Non sappiamo come mai, ma grazie ad alcuni test seri fatti di recente da sviluppatori professionisti per testare i residui di iposolfito nei negativi, è stato consigliato di aggiungere questi 5 minuti tra un ciclo di inversioni e l’altro.

Il secondo metodo,  a mio parere MOLTO PIU’ EFFICIENTE, anche se si dovrà impiegare più acqua è quello di usare un iniettore di lavaggio. Gli iniettori di lavaggio sono composti da un ladro d’acqua, ovvero da una parte sommitale in gomma che riesce ad avvolgere quasi qualunque terminale di rubinetto, un tubo e una parte terminale in bachelite che ha lo stesso diametro del famoso tubo nero in cui abbiamo inserito la spirale all’inizio. In questo modo, patendo sempre a 20°C per evitare shock termici alla pellicola – poi l’acqua può lentamente essere raffreddata per evitare sprechi di gas di caldaia e per indurire l’emulsione – l’acqua si spingerà sul fondo della tank risalendo verso l’alto, quindi lavando dal basso verso l’alto e portando fuori dalla tank gradualmente i residui di fissaggio. uno degli iniettori più comuni è quello di Paterson.

Jobo Cascade Film washer

La Jobo tedesca produce un modello di iniettore molto più sofisticato: lavora nello stesso modo ma nella parte terminale in plexiglass ha un foro. tenendo il foro chiuso con le dita e aiutandosi con i riferimenti serigrafati sul plexiglass, è possibile stabilire la pressione dell’acqua, e quindi il consumo; una volta tolto il dito, grazie all’effetto Venturi, l’acqua si miscelerà con l’aria, creando un getto più turbolento – non a livello di pressione – e una migliore asportazione del fissaggio, riducendo i consumi d’acqua e e il tempo di lavaggio del 50%. Sono sufficienti tre minuti per un lavaggio approfondito. Per motivi a noi sconosciuti e incomprensibili, il modello attualmente in produzione non ha le serigrafie che indicano la pressione dell’acqua, ma, partendo da questa immagine, potete, usando un pennarello indelebile, e segnarli sul vostro iniettore.

Dopo il lavaggio, vi spiegherò il necessario, la pellicola deve passare in una soluzione di acqua distillata o F.U., reperibile in farmacia ( NON L’ACQUA DEMINERALIZZATA CHE SI TROVA NEI CENTRI COMMERCIALI PER I FERRI DA STIRO )

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Acqua distillata e WAC ( WETTING AGENT )

Il passaggio finale dopo il lavaggio è l’immersione della spirale in acqua distillata e WAC. Il Wetting Agente ha proprietà tensioattiva – fa scivolare più velocemente l’acqua verso il fondo della pellicola una volta appesa, e ha proprietà antibatteriche e antifungo. Come spiegato, dopo l’immersione in acqua distillata, anche se dovessero rimanere delle gocce sul negativo in asciugatura, queste, evaporando non lasceranno nessuna traccia sul negativo, quindi le classiche macchie biancastre di calcare che rimangono se non si termina il processo con Acqua distillata. 

Il Wetting Agent ha diluizione bassissime, 1 a 100 o 1 a 200, ecco il motivo per cui è necessario disporre di una siringa.

La pellicola ancora avvolta nella spirale deve rimane in standing, quindi non agitata, per evitare che il tensioattivo contenuto nell’acqua distillata formi delle bolle. Il WAC, ancora non è chiaro il motivo, è in grado di penetrare nel materiale con cui è fabbricata la spirale. a lavoro finito quindi è opportuno lavare tutto con uno spazzolino da denti passato  su un pezzo umido di sapone di Marsiglia, non liquido, quindi, pulendo soprattutto la spirale. Un’alternativa è quella di mettere la soluzione in un altro contenitore che non sia la tank, estrarre la pellicola dalla spirale e far passare la pellicola tenendola tra le due mani e immergendola nella soluzione muovendola verso l’alto e verso il basso.

Suggerisco comunque, per chi desidera immergere la spirale nella tank in cui è stata versata l’acqua distillata e il WAC, di lavare accuratamente la tank e soprattutto la spirale, usando uno spazzolino da denti esausto, con sapone di Marsiglia. Per sapone di Marsiglia intendo quello solido e non i vari saponi di Marsiglia venduti con altri nomi in confezioni dove il sapone è liquido e che può essere spruzzato, In questo modo il WAC verrà completamente eliminato e la spirale non creerà problemi durante lo sviluppo successivo.

Diversamente vanno bene anche quelli italiani, in merito invece a quello autentico, ecco la descrizione:

Questo sapone verde all’olio d’oliva è realizzato nella pura tradizione con la cottura in un calderone, viene prodotto nella più antica fabbrica di sapone ancora in funzione a Marsiglia: il saponificio Fer à Cheval. I suoi maestri saponieri perpetuano di generazione in generazione da 160 anni il know-how artigianale di produrre e saponificare l’autentico sapone di Marsiglia in un calderone secondo il vero metodo ancestrale di Marsiglia.

Il saponificio Fer à Cheval fa parte dell’Unione dei Professionisti del Sapone di Marsiglia la cui missione è promuovere questo know-how e garantire un sapone di qualità realizzato secondo quanto stabilito dall’Editto di Colbert nel 1688.

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Asciugatura

Il negativo va assicurato con le classiche pinze in metallo, la prima più leggera serve solo per appendere il negativo, la seconda, appesantita di solito con del piombo, serve a impedire che il negativo formi una spirale durante l’asciugatura. Questa seconda pinza lo tiene invece teso e aiuta lo scivolamenti dell’acqua verso il basso. Il negativo va lasciato ad asciugare in una zona della casa non frequentata, per esempio il box doccia. A seconda della temperatura ambiente, e della umidità, un negativo su triacetato asciuga in circa 60 minuti, durante i quali non va avvicinato, toccato sottoposto a correnti d’aria – dimenticatevi il phon – perché l’emulsione umida se viene a contatto con particelle di polvere le ingloba in modo irreversibile, creando poi dei punti bianchi sulla stampa che necessitano poi della spunti natura – ne parleremo in un’altra experience. Dimenticatevi anche le pinze tergifilm che graffiano il negativo, e anche di strizzare l’acqua facendo correre due dita a forbice lungo il negativo. Non serve, avete usato Acqua distillata e anche con le dita rischiate di graffiarlo.

Durst UT 100

Purtroppo fuori produzione, il Durst UT 100 è un sistema di asciugatura che prevede  un elemento riscaldante e soffiante che si fissa a parete, con un filtro che impedisce alla polvere di entrare, e una sacca a parallalelepipedo : I negativi si appendono in alto, si chiude la sacca e si avvia la ventola.

E’ possibile però trovarlo usato. Molto efficiente, asciuga i negativi in pochissimo tempo e al sicuro dalla polvere.

 

 

 

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Taglio del negativo

Una volta asciutto il negativo 135 va tagliato in strisce da 6 fotogrammi partendo dall’ultimo fotogramma. Questa precauzione serve perché se avete scattato 37, o 38 foto, se partite dalla fine, il o i fotogrammi eccedenti rimarranno solidali alla testa della pellicola e più facili da maneggiare e inserire nel portanegativo dell’ingranditore. Il taglio va eseguito tra una perforazione e l’altra. Con delle forbici lunghe da non usare per altri scopi, aiutandosi magari con un piano luminoso e tagliando ovviamente nello spazio libero di 2mm tra un fotogramma e l’altro. Un taglio secco, non poco alla volta….

Il negativo 120 se in formato 6×6 va tagliato in quattro strisce da 3 fotogrammi.

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Conservazione: le pergamine

I negativi una volta tagliati vanno inseriti nei fogli portanegativi; ne esistono sia per il formato 135 che 120 fabbricati con diversi materiali. Il portanegativo migliore è la pergamina acid free, ha il vantaggio che il materiale con cui è realizzato e la colla che separa le vare strisce non sono in grado di rilasciare nel tempo sostanze che possono risultare nocive al negativo; inoltre, togliendo e reinserendo le varie strisce, queste non si caricano elettrostaticamente e non si riempiono di polvere.

Di norma le pergamine per il formato 135 hanno sette slot, quelle per il formato 120 quattro slot.

La maggior parte ha anche una striscia di carta lungo il bordo lungo già perforata per poter mettere i vari fogli negli appositi raccoglitori e, volendo, per segnare i principali dati della pellicola, data, tipo di sviluppo, etc. L’unico svantaggio della pergamina è che è opaca e che per guardare i negativi è necessario ogni volta estrarre le strisce.

Conservazione: I fogli trasparenti

Esistono anche fogli prodotti in altri materiali, che hanno il vantaggio, rispetto alle pergamine, di essere trasparenti, così da visualizzare immediatamente i negativi, comodi anche per i provini a contatto, ma non tutti i materiali  impiegati sono acid free, e molti caricano elettrostaticamente i negativi. Ne esistono comunque anche garantiti acid free. L’importante è che non contengano PVC.

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Conservazione: I fogli trasparenti

Esistono anche fogli prodotti in altri materiali, che hanno il vantaggio, rispetto alle pergamine, di essere trasparenti, così da visualizzare immediatamente i negativi, comodi anche per i provini a contatto, ma non tutti i materiali  impiegati sono acid free, e molti caricano elettrostaticamente i negativi. Ne esistono comunque anche garantiti acid free. L’importante è che non contengano PVC.

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Archiviazione: le scatole portanegativi

Poiché i fogli portanegativi sono in formato, circa, 25×31 cm, un primo sistema per archiviarli è quello di usare le scatole della carta da stampa 24×30.

Esistono poi scatole acid free dove i fogli possono essere impilati o corredati di meccanismo a molla con quattro anelli in acciaio passo standard europeo dove inserire i vari fogli che sul lato sinistra hanno già le perforazioni compatibili.

Le scatole vanno conservate in un ambiente secco, relativamente al riparo della luce, ma soprattutto impilate orizzontalmente e non verticalmente, in modo da evitare che i fogli tendano a piegarsi, e con loro i negativi.

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Didascalizzazione

Ogni foglio va distinto dagli altri con  alcuni dati d riferimento

Personalmente, applico innanzitutto una striscia di nastro adesivo di carta all’inizio della pellicola, prima del fotogramma 1 , dove segno la data di inizio scatti, il luogo, la fotocamera e il tipo di sviluppo. Gli stessi riferimenti li indico anche sul bordo bianco di carta perforata sul lato di sinistra. Io faccio sempre una scansione del negativo prima di tagliarlo, usando una fotocamera digitale e un obiettivo micro; sul bordo del foglio segno anche la data di scansione che sarà anche, in una ricerca sul computer la data della cartella dove troverò le scansioni. Il primo scatto è sempre l’immagine del nastro autoadesivo fotografato e le prime tre lettere di ogni file corrispondono, come l’inizio di un codice fiscale, all’elemento che noi riteniamo più importante, le prime tre lettere di una persona, di un luogo, di una fotocamera. A seguire il nome del fotogramma è seguito da quattro numeri arabi che io azzero ogni volta in modo da avere un numero progressivo che posso essere lo stesso del numero di fotogramma. Uso di norma pennarelli indelebili Stabilo: sono disponibili con diverse finezze di punte e in quattro colori; per una ricerca visiva più rapida, sfogliando i fogli, è anche possibili attribuire un colore a un determinato riferimento, come il tipo di fotocamera, o il tipo di sviluppo.

https://youtu.be/LDFBC60Lx3U

Conclusioni.

Ho probabilmente omesso qualche strumento, ma credo di avervi dato una panoramica piuttosto ampia.

Nel prossimo capitolo parleremo invece del procedimento pratico di sviluppo della pellicola

Alla prossima

Gerardo Bonomo

www.gerardobonomo.it

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