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Hasselblad. Guida pratica di utilizzo. Parte quarta. Lo shooting

 

Siamo finalmente arrivati allo shooting. L’utilizzo della fotocamera in shooting varia naturalmente da situazione a situazione.
Io vi parlerò del mio approccio personale, ma naturalmente come per qualsiasi fotocamera, ognuno utilizza la propria fotocamera secondo i propri desiderata.
Buona lettura.

 

Il Treppiedi

Ecco qui di seguito le regole base che utilizzo personalmente con Hasselblad. Normalmente io fotografo soggetti statici, prediligo quindi le pellicole a bassa sensibilità e di conseguenza uso la macchina quasi esclusivamente su treppiedi. Questo mi garantisce da un lato scatti completamente esenti da micromosso, dall’altro una inquadratura molto più consapevole, infine la possibilità, se necessario, di effettuare bracketing, di esposizione, piuttosto che di fuoco, di diaframma – profondità di campo – e di filtri senza cambiare di un micron l’inquadratura che ho scelto all’inizio. L’Hasseblad, se non impegnata con obiettivi pesanti, grazia anche all’alzo intenzionale dello specchio, può lavorare tranquillamente anche con un treppiedi compatto. Tutto questo lavorando esclusivamente con uno scatto a distanza a filo, per evitare di muovere la fotocamera durante lo scatto premendo direttamente col dito il pulsante di scatto. Per fare un esempio il Befree di Manfrotto, molto compatto da chiuso, robusto ed in grado di raggiungere una buona elevazione, calcolando che quando si lavora con il pozzetto non è necessario che il treppiedi sollevi la macchina fino ad altezza occhio. Ma il mio treppiedi, anzi , la mia testa prediletta è la testa a tre movimenti micrometrici, sempre di Manfrotto, che permette di effettuare appunto aggiustamenti micrometrici su tutti e tre gli assi.Qui sotto a sinistra un modello di treppiedi Manfrotto 190, a destra la testa XPRO a tre movimenti con controllo micrometrico. 

Befree è una linea di treppiedi concepita da Manfrotto. Oggi gli esemplari disponibili sono diversi, tutti accomunati da una notevole compattezza, leggerezza e alla possibilità di raggiungere, quando tutto esteso, un’altezza adeguata, soprattutto per le fotocamere a pozzetto – ma è sufficiente anche per una reflex. Come ho già accennato, grazie al fatto che con Hasseblad è possibile sollevare lo specchio prima dello scatto, oltre che ad aprire la tendina che protegge la pellicola nel dorso e a impostare il diaframma sulla posizione desiderata, all’atto dello scatto si attiva solo l’apertura dell’otturatore centrale, non a tendina, che aprendosi a 360 gradi che non crea alcun tipo di vibrazione. Un treppiedi adatto ad Hasseblad sì, ma solo usando ottiche leggere, quindi nè gli ultragrandangolari, nè i super tele. Qui sotto un modello in alluminio a sinistra, il Kit Befree One in alluminio con testa a sfera nero, a destra il Befree con testa a sfera, 4 sezioni carbonio, e sacca da trasporto inclusa nel kit

Paraluce

Il paraluce è da sempre un accessorio fondamentale di ripresa. Oltre a proteggere la lente frontale da eventuali gocce d’acqua, ditate e graffi, fa in modo che la lente frontale, oltre all’intero gruppo ottico non vengano colpiti da raggi di luce parassita. Nonostante i sempre migliorati trattamenti antiriflesso, se un raggio di luce colpisce la lente frontale si assiste a un totale decadimento della qualità dell’immagine, oltre che a immagini fantasma. Anche la luminosità riflessa da soggetti molto luminosi, sabbia neve e non solo, può far decadere l’immagine se la lente frontale non è adeguatamente protetta. Nelle situazioni in cui il paraluce non riesce ad intercettare i raggi di luce parassita è possibile fare ombra alla fotocamera con il proprio corpo, oppure provare a intercettare i raggi di luce interponendo tra la lente frontale e la sorgente di luce un cartoncino nero.

 

I filtri.

Quando si parla di argentico, dove la postproduzione durante la fase di stampa è molto limitata, l’uso dei filtri in ripresa è fondamentale. Io scatto quasi esclusivamente in bianco e nero e i filtri sono essenziali innanzitutto per scurire i cieli sereni ed evidenziare le nuvole. Gli obiettivi Hasselblad non hanno il classico attacco filettato per il montaggio dei filtri, ma un attacco a baionetta proprietario. Si deve quindi ricorrere ai filtri originali o a filtri di marchi molto blasonati che producono esemplari anche con la baionetta Hasselblad; esistono anche in commercio degli anelli adattatori che convertono la baionetta Hasseblad in un normale attacco filettato. Quasi ogni ottica Hasselblad ha diametri di baionetta differenti, quindi è opportuno, soprattutto agli inizi concentrarsi sull’acquisto dei filtri per il diametro dell’obiettivo più utilizzato. Giallo, medio, arancio e rosso sono i filtri adatti per scurire il cielo, essendo colori complementari dell’azzurro. Mentre il filtro giallo medio assorbe meno di 1 stop, il filtro arancio ne assorbe, a seconda delle situazioni quasi 2, e il rosso 3. Eco di nuovo che il treppiedi diventa indispensabile per poter lavorare anche con tempi allungati dall’impiego dei filtri senza il rischio del micromosso. Il filtro rosso è quello che rende i cieli nel modo più “drammatico” ma al contempo aumenta molto anche il contrasto dell’immagine, a discapito delle zone in ombra che spesso risultato quasi trasparenti, ovvero completamente prive di informazioni sul negativo. Anche il polarizzatore è in grado di saturare i cieli sereni o le parti serene dei cieli, a seconda di come si è posizionati rispetto al sole e alla sua altezza sull’orizzonte. E’ comunque sempre importante, specie quando si lavora con obiettivi grandangolari, che la porzione di cielo sereno inquadrata sia di un azzurro omogeneo, per evitare di ottenere poi un negativo dove la saturazione del cielo sereno non è omogenea su tutta l’inquadratura. Un altro filtro che si impiega specie nelle fotografie di paesaggio è il filtro verde, che schiarisce la vegetazione restituendone tridimensionalità. Ma in un paesaggio dove una buona porzione dell’inquadratura è dominata dal cielo, è preferibile usare i filtri che scuriscono l’azzurro piuttosto che il verde che schiarisce la vegetazione. I filtri non possono mai essere utilizzati in accoppiata, fatta eccezione del polarizzatore.

L’esposizione

Nuovamente, l’esposizione è un punto fondamentale nel processo di acquisizione dell’immagine, e ancora, scattando su pellicola, le remote possibilità di “postproduzione” in fase di stampa necessitano di esposizioni assolutamente perfette. Partendo dal presupposto che ogni pellicola ha una sua precisa gamma dinamica oltre la quale non è in grado di esporre correttamente zone molto luminose insieme a zone completamente in ombra – ed è quindi necessario già all’atto dell’inquadratura selezionare un’immagine che non presenti contrasti di luminanza troppo elevati, Io uso sempre un esposimetro esterno, che ha la possibilità di misurare sia la luce riflessa dal soggetto che quella incidente, ovvero la luce che colpisce il soggetto. E di solito io misura la luce che colpisce il soggetto e non il contrario, quindi lavora con l’esposimetro impostato per la modalità in luce incidente. Utilizzo un esposimetro Sekonic L-308x Flashmate, in grado sia di misurare la luce in modalità riflessa he incidente, ed è in grado sia di misurare le sorgenti di illuminazione continua – come la luce del sole, che di un flash. In molte situazioni, poi, effettuo anche un bracketing di esposizione, realizzando quindi uno scatto con i valori forniti dall’esposimetro, e poi una seconda esposizione, di norma più aperta rispetto alla prima – quindi “sovraesposta” e in alcuni casi anche un terzo scatto più chiuso, ovvero “sottoesposto”, per valutare poi all’atto della stampa quale dei due o tre scatti utilizzare. Nella fotografia argentica in bianco e nero, comunque, un negativo sovraesposto può essere recuperato in fase di stampa, non un sottoesposto. Le zone del negativo che a occhio nudo appiano completamente nere, ovvero sovraesposte, in realtà contengono ancora informazioni. In fase di stampa, bruciando localmente le zone sovraesposte è possibile far comparire sulla stampa le informazioni. Al contrario, le zone sottoesposte, quelle che sul negativo appiano chiare, quasi trasparenti, non contengono quasi alcuna informazione e di conseguenza in fase di stampa sono irrecuperabili.

 

Il, anzi, i magazzini e la scelta della pellicola.

Uno degli indiscutibili vantaggi di Hasselblad sta nel fatto che è possibile cambiare la pellicola anche quando il rullo in uso non è ancora terminato, disponendo naturalmente di più di un magazzino. E’ infatti possibile avere con sè più di un magazzino, ciascuno caricato con una pellicola differente, in modo da poter scegliere, volendo per ogni scatto, non solo inquadratura e accoppiata tempi/diaframmi, ma perfino quale pellicola utilizzare. Oggi in commercio esistono decine di differenti pellicole, dalle negative colore alle diapositive fino, naturalmente, alle pellicole bianco e nero. Qui si spazia da sensibilità basse come 25 ISO fino ad arrivare a 3200 ISO. Esiste poi ancora una pellicola infrarosso, la Rollei Infrared, con cui poter realizzare immagini bianco e nero oniriche ed estremamente suggestive. C’è solo l’imbarazzo della scelta: si può optare per una pellicola a bassa sensibilità quando di vuole ottenere il massimo della definizione, con la necessità però in quasi tutte le situazioni di dover impiegare il treppiedi, o utilizzare pellicole di media, alta o altissima sensibilità, sia per privilegiare la visibilità della grana che, soprattutto, per poter scattare a mano libera. Pensando all’intramontabile Rolleiflex e confrontandola con l’Hasselblad, la possibilità da parte di quest’ultima sia di poter cambiare le ottiche che i magazzini la rende naturalmente decisamente più versatile, anche se Rolleiflex da tempo è considerata una fotocamera/mito mentre Hasselblad, forse perché più attuale, è ancora considerata essenzialmente una macchina d’uso. Oltre al tradizionale magazzino A12 ( o E12 ) che consente di scattare 12 fotogrammi quadrati sulla pellicola 120, è possibile reperire anche il magazzino A16 ( o E16 ) che consente di ottenere 16 immagini in formato 6×4,5 sulla pellicola 120. Usando il pozzetto può essere impiegato solo per scattare immagini orizzontali, per scattare immagini verticali è necessario l’suo di uno dei pentaprisma disponibili per Hasselblad. Per concludere, sfruttare il vantaggio di poter passare da una pellicola all’altra semplicemente cambiando il magazzino non è certo cosa da sottovalutare. Da non dimenticare il fatto che esistono anche dorsi digitali, come il CFV-50c che permette di utilizzare anche un’Hasselbad di quarant’anni fa come una fotocamera digitale. Ne ho descritto l’utilizzo in questo tutorial.

Conclusioni.

Hasselblad non è affatto complicata da usare: il fatto che la regolazione non solo dei diaframmi ma anche dei tempi siano sull’obiettivo e che tutto il meccanismo e le visualizzazioni dello stato della pellicola siano posizionate sul magazzino, rende alla fine il corpo macchina estremamente spartano e “quasi” a prova d’errore. Hasselblad è proverbiale anche per la sua robustezza, ma questo ovviamente non significa che vada trasportata e maneggiata con cura. Il peso e le dimensioni sono più che accettabili per essere una medio formato, questo significa che, se non si devono trasportare insieme alla macchina troppi obiettivi a corredo, può tranquillamente trovare posto in una borsa per fotocamere di piccolo formato. Come ho già ribadito in altri tutorial su Hasselblad e non solo, l’accessorio principale da avere sempre a portata di mano per una fotocamera, Hasselblad compresa, è il libretto di istruzioni, anche in formato pdf sul proprio smartphone: i dubbi è meglio risolverli controllando il libretto d istruzioni.

Alla prossima!

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