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UNA ROLLEIFLEX, UN FILTRO ROSSO, DUE PELLICOLE E…

Una Rolleiflex 2.8F, armata quindi con Planar f/2.8, un filtro rosso, una pellicola Rollei Superpan 200 e una pellicola Rollei Retro 400s, uno sviluppo Bellini Hydrofen e una giornata tersa, ecco gli ingredienti per scattare foto… notevoli        

UNA ROLLEIFLEX, UN FILTRO ROSSO, DUE PELLICOLE E…

Una Rolleiflex 2.8F, armata quindi con Planar f/2.8, un filtro rosso, una pellicola Rollei Superpan 200 e una pellicola Rollei Retro 400s, uno sviluppo Bellini Hydrofen e una giornata tersa, ecco gli ingredienti per scattare foto… notevoli        

Rolleiflex 2.8 F

Grande macchina, di cui ho già parlato in diversi miei articoli e videotutorial che trovate nel mio sito. Questa in particolare è stata prodotta tra il 1960 e il 1966. Tra le feature interessanti c’è il caricamento automatico: basta inserire la pellicola nella fotocamera, agganciare con la carta il rullo ricevente e chiudere il dorso: un pressostato rileva l’ispessimento dovuto al passaggio della carta nel punto in cui la striscia di nastro adesivo trattiene la pellicola e la fotocamera,  girando la manovella si posiziona automaticamente sul primo fotogramma. E di Rolleiflex con questa automatizzazione ne vennero fabbricate anche negli anni quaranta… L’altra Regina del medio formato, Hasselblad, con gli indubbi vantaggi delle ottiche e dei magazzini intercambiabili, non ha mai prodotto un magazzino a caricamento automatico. E avrebbe sicuramente potuto. Misteri della produzione fotografica. Torniamo alla nostra Rolleiflex:  innestata su una bella testa micrometrica Manfrotto su un solido 055, sempre Manfrotto, è stata protagonista di una giornata di scatti, usando due pellicole di Rollei molto interessanti, simili e al contempo differenti: la Rollei Superpan 200 e la Rollei retro 400s. Simili perchè entrambe le emulsioni sono stese su P.E.T., un supporto una volta sviluppato e asciugato è cristallino come se fosse prodotto in Boemia, differenti non solo per la sensibilità, ma perchè la Superpan 200 ha una gamma tonale pressochè infinita, mentre la Retro 400s, con una gamma tonale leggermente più ristretta, ha dalla sua che è una pellicola iperpancromatica, il che significa che già utilizzando un filtro rosso 25a comincia a fare l’occhiolino allo spettro dell’infrarosso, consnetendo quindi in giornate terse cieli neri come le foto scattate sulla Luna e un leggero schiarimento della vegetazione cadùca. Paraluce e scatto a distanza completano l’equipaggiamento. Paraluce che dovrebbe essere SEMPRE montato a protezione della lente frontale, sia da contatti accidentali che dalla lue, ma non solo quella puntiforme e diretta del sole, ma anche dalla luce ambiente diffusa. Di default un Sekonic L308x per misurazione, a seconda delle situazioni, effettuate in luce riflessa o incidente. In ogni caso, con un filtro difficile come il 25A, il bracketing è di rigore: uno scatto sottoesposto è inaccettabile, ma in queste situazioni, quando il cielo terso la fa da padrone, anche uno scatto sovraesposto inficerebbe l’annerimento del cielo, difficile da recuperare anche sotto l’ingranditore. Certo, con 12 scatti a disposizione, non si arriva a fissare più di quattro soggetti, ma meglio pochi soggetti con l’esposizione giusta che il contrario

Un primo scatto Giornata tersa, primi di marzo, mattina inoltrata, 350 metri sul livello del mare, sole alle spalle, f/8 1/250 di secondo, ecco il primo scatto su pellicola Rollei Superpan 200. Verrà poi sviluppata in Bellini Hydrofen diluizione 1+31 per 13 minuti. Qui non è stato utilizzato nessun filtro, il cielo, non bruciato in stampa, ha già una buona intonazione, grazie alla giornata tersa e la relativa altitudine s.lm.
La magia del filtro rosso 25A Nelle stesse condizioni dell’immagine precedente, sempre a f/8 ma allungando il tempo di scatto a 1/30 di secondo per compensare l’qssorbimento del filtro rosso: nessun intervento sul negativo, il cielo risultato completamente nero e si nota un netto schiarimento della vegetazione, questo per il fatto che la Superpan 200 è una pellicola iperpancromatica, ovvero in grado di registrare, seppur parzialmente, la radiazione infrarossa; in questo caso riflessa dalla clorofilla di cui è irrorata la pianta.
Il filtro arancio Ecco uno scatto usando il filtro arancio; qui c’è il doppio vantaggio di non dover sovraesporre di tre stop – anche se non è un problema io, scattando sempre su treppiedi – e di alzare in modo troppo evidente i contrasti. Rispetto all’immagine scattata con il filtro rosso, qui manca l’effetto Wood del riflesso della radiazione infrarossa da parte della clorofilla, e il cielo, pur saturo e con un evidente stacco delle nubi, non raggiunge i livelli estremi del filtro rosso. Questione di gusti, questo è indubbiamente un cielo più naturale, ma personalmente preferisco i cieli completamente neri.
Il bosco Treppiedi, f/8, 1/30 di secondo e filtro arancio per scurire leggermente il cielo che di intraveda tra i tronchi sullo sfondo. Ho focheggiato, come faccio sempre , la parte dell’inquadratura più vicina, quindi il terreno in basso, lasciando che la relativa profondità di campo generata dal diaframma posizionato a f/8 lasciasse una relativa nitidezza sugli oggetti in secondo piano, per andare poi a sfocare in modo sempre più progressivo lo sfondo. Nel medio formato, ma non solo, la nitidezza generata dalla profondità di campo va sempre presa con le pinze, nel senso che una volta che l’immagine viene stampata si nota immediatamente un netto decadimento della qualità dei dettagli nelle zone che beneficiano della profodnitù di campo ma che non cadono sul piano di messa a fuoco.
Gli ingradimenti della foto precedente ho ingrandito la parte dove cade il punto di fuoco, contrassegnata in verde, e quella di sfondo, contrassegnata in rosso, dove la relativa nitidezza è stata deputata all’estensione della profondità di campo, Nelle prossime due immagini si potrà osservare meglio il confronto
Il confronto I due ingrandimenti parlano da soli, l’apparente nitidezza generata dalla profondità di campo tende a perdersi man mano che il negativo viene ingrandito; è un fatto da tenere a mente, nel momento in cui si è consapevoli di cosa veramente si vuole lttenere nell’immagine finale.
Un primo scatto con la pellicola Rollei Retro 400s Sottobosco con i primi accenni di nuova vegetazione primaverile, f/8 a 1/15 di secondo con filtro rosso: è evidente lo schiarimento delle foglie appena nate e cariche di clorofilla dovuto all’impiego del filtro rosso con questa pellicola, che è decisamente più iperpancromatica della Superpan 200. la distanza di presa era intorno ai 130 cm, il punto di fuoco è stato fatto sul tronco ricoperta dai pampini avvizziti dell’edera, già le zone circostanti tendono a risultare sfuocate, perchè a parità di diaframma la profondità di campo tende a diminuire man mano che la distanza di messa a fuoco diminuisce.
La perfezione Ciò che è stato sarà e ciò che si è fatto si rifarà; non c’è niente di nuovo sotto il sole. C’è forse qualcosa di cui si possa dire: «Guarda, questa è una novità»?Proprio questa è gia stata nei secoli che ci hanno preceduto. ( Qoèlet, Ecclesiaste ) E’ già, e la cosa vale anche in fotografia. Sono stato folgorato dal lavoro di Ansel Adams, non lo nascondo, e non riesco a concepire nelle mie foto n bianco e nero cieli diversi da questo, completamente neri, come – l’ho già accennato -, gli scatti che hanno realizzato gli astronauti sul suolo lunare. Il progressivo annerimento del cielo dipende innanzitutto da quanto il cielo è sereno, senza foschia o velature, a seguire l’altezza sul livello del mare: più si sale, meno luce viene rifratta dall’atmosfera, più il cielo tende a scuririrsi naturalmente. In tutti questi casi, ma soprattutto quando l’altitudine sul livello del mare è basa, o il cielo è lievemente velato, sono proprio i filtri a scurire il cielo, a cominciare dal giallo medio, per passare all’arancio e terminare con il filtro rosso, che è quello elettivo ma che porta al contempo a un aumento diffuso del contrasto. Qui vendiamo uno scatto realizzato in una giornata serena, sempre a circa 380 metri sul livello del mare, con filtro rosso: il cielo è completamente nero e il soggetto si stacca perfettamente dallo sfondo. Non è stato effettuato nessun tipo di intervento sul negativo. Sottobosco con i primi accenni di nuova vegetazione primaverile, f/8 a 1/15 di secondo con filtro rosso: è evidente lo schiarimento delle foglie appena nate e cariche di clorofilla dovuto all’impiego del filtro rosso con questa pellicola, che è decisamente più iperpancromatica della Superpan 200. la distanza di presa era intorno ai 130 cm, il punto di fuoco è stato fatto sul tronco ricoperta dai pampini avvizziti dell’edera, già le zone circostanti tendono a risultare sfuocate, perchè a parità di diaframma la profondità di campo tende a diminuire man mano che la distanza di messa a fuoco diminuisce.
Gobba a ponente, luna crescente Siamo nelle prime ore del pomeriggio, il filtro innestato è sempre quello rosso e la pellicola la Rollei retro 400s. Si nota sul contorno degli alberi a destra un leggero schiarimento dovuto alle prime foglie primaverili la cui clorofilla riflette la radiazione infraossa cattturata dalla pellicola, ma si nota anche la Luna, crescente, ma dove?  
Trovata! Ecco la Luna crescente, seminascosta tra i rami nel riquadro rosso, con un 80mm su 6×6 non è certo molto visibile, e il senso infatti non era quello di considerarla il soggetto principale, ma proviamo ad avvicinarci un poco e vediamo se e come la si vede  
Ecco la nostra Luna Davvero piccina piccina ma proprio per questo estremamente utile per verificare la bontà dell’accoppiata Rolleiflex 2.8 F con Zeiss Planar 80mm f/2,8 e pellicola Rollei Retro 400 S sviluppata in Bellini Hydrofen alla diluizione 1+31 per 17 minuti. Come nell’omonimo film, facciamo un altro blow up.  
L’immancabile diottra Ingrandiamo ancora appoggiando la nostra diottra millimetrata, anzi, decimillimetrata sul negativo e vediamo di effettuare un altro e ultimo blow up.  
Conclusioni Scopo di questa prova non era certo l’annoso e astioso confronto con i sistemi di registrazione fotografici attuali, ma una dimostrazione pratica di quanto un’attrezzatura degli anni sessanta, se utilizzata con criterio, treppiedi, filtri scatto a filo, pellicole correttamente sviluppate, può portare a un livello di definizione insospettabile. E non ho usato comunque ottiche analogiche dell’ultima generazione, ma un vecchio Zeiss Planar f/2.8, per altro con 60 anni di lavoro sulle spalle. Quindi, usando un’attrezzatura analogica, pur vintage, con i corretti criteri di ripresa, e sviluppando determinate pellicole con chimiche poco note ma di qualità eccellente, si ottengono questi risultati. Buona luce – solare  o cinerina- e alla prossima.   Gerardo Bonomo  

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