GUIDA ALLA SCELTA DELL’INGRANDITORE
Dopo estenuanti vagabondaggi avete trovato il soggetto giusto, avete misurato la luce, sistemato tempo e diaframmi, inquadrato e scattato. Poi avete sviluppato il vostro negativo con tutti i sentimenti. Siete a buon punto, non vi pare.
E invece, purtroppo, no: più del 70% del lavoro argentico ancora vi aspetta: dovete scegliere lo scatto migliore, valutare se utilizzare tutto il fotogramma o solo una parte, decidere il contrasto, l’esposizione e stampare, Solo a questo punto il processo argentico può dirsi concluso. Cosa vi manca, forse? L’ingranditore. In questo videotutorial in modo approfondito, e sinteticamente in questo articolo vi guiderò nella scelta dell’ingranditore.
Buona lettura
Gerardo Bonomo
Liscio, a colori o a contrasto variabile?
Partiamo dal presupposto che in questo articolo parlerò unicamente di stampe in bianco e nero e di conseguenza o di ingranditori progettati per il bianco e nero o asserviti al bianco e nero.
Nell’immagine qui sopra vediamo da sinistra un Durst M670 con lampada a incandescenza – o a LED – e cassetto portafiltri per la stampa in bianco e nero, lo stesso modello ma con illuminazione a lampada dicroica da 12V e relativo trasformatore con testa a colori e a destra , sempre con illuminazione dicroica il modello VC, ovvero Variable Contrast, appositamente progettato per la stampa in bianco e nero su carta bianco e nero, politenata o baritata, a contrasto variabile. Va da sè che il più adatto dei tre è il modello VC.
L’Ingranditore a luce condensata
Gli ingranditori a luce condensata usano come sorgente luminosa una “comune” lampadina a incandescenza opalina, attacco E27, 220V con watt variabili da 100 a 150. Recentemente, come nell’immagine allegata, sono state introdotte lampade a LED come le Osram Parathom 4000K LED da 5watt o 10 watt: il grande vantaggio è che non scaldano nè l’ingranditore nè soprattutto il portanegativi e hanno un evidente consumo di corrente ridotto fino a un 90%. Gli ingranditori a condensatori hanno nella testa uno specchio orientato a 45° che proietta la luce della lampada verso il basso dove una opportuna serie di condensatori -nell’immagine è visibile quello per utilizzare gli obiettivi da ingrandimento da 80mm -, adatti ai fotogrammi 6×4,5 e 6×6 – , differenti a seconda del tipo di obiettivo montato, condensano la luce sul fotogramma; la luce è relativamente dura, il che significa che granelli di polvere e altri inclusioni del negativo vengono leggermente amplificate in stampa sotto formi di punti o forme bianche, che vanno poi spuntinate sulla stampa finale asciutta.
Fino a qualche decennio fa con questi ingranditori si utilizzavano carte fotografiche a gradazione fissa, dallo 0 al 5, per modulare la morbidezza e il contrasto della stampa finale, fino a che Ilford inventò le carte a contrasto variabile.
Un ingranditore a condensatori è costituito da una sorgente luminosa, uno o più condensatori, un supporto per il negativo e un obiettivo. Il condensatore fornisce un’illuminazione uniforme al negativo sottostante.
La sorgente luminosa di un diffusore di diffusione è diffusa da vetro o plastica traslucido, fornendo un’illuminazione uniforme per il film.
Gli ingranditori a luce condensata producono un contrasto più elevato rispetto a quelli a luce diffusa perché la luce viene dispersa dal suo percorso dall’immagine del negativo; questo si chiama effetto Callier. L’aumento del contrasto del condensatore enfatizza eventuali difetti negativi, come sporco e graffi, e la grana dell’immagine.
Gli ingranditori a luce diffusa producono un’immagine con lo stesso contrasto di una stampa a contatto dal negativo, contrasto che naturalmente può reso identico a quello di un ingranditore a condensatori usando il filtro appropriato.
L’EFFETTO CALLIER
L’effetto Callier è la variazione del contrasto delle immagini prodotte da una pellicola fotografica con diversi modi di illuminazione. Non deve essere confuso con la variazione di nitidezza che è anche dovuta a coerenze parziali.
Il campo luminoso diretto ha caratteristiche direzionali estremamente forti per mezzo di una sorgente puntiforme e un sistema ottico (condensatore); in questo caso, ogni punto della pellicola fotografica riceve luce da una sola direzione.
Figura 1. Campo luminoso diretto
D’altra parte, in una configurazione a campo chiaro diffusa (vedi Fig. 2) l’illuminazione del film è fornita attraverso una lastra traslucida (diffusore), e ogni punto del film riceve luce da una vasta gamma di direzioni.
La collimazione dell’illuminazione gioca un ruolo fondamentale in contrasto con l’immagine impressa su un film.
In caso di elevata frazione di scattering, l’attenuazione fornita dalle particelle di immagine cambia considerevolmente con il grado di collimazione dell’illuminazione. Nella figura 3 lo stesso fotogramma è riprodotto in configurazioni di campo chiaro dirette e diffuse. Anche il contrasto globale cambia: il contrasto a sinistra è molto più forte di quello a destra.
In assenza di scattering ( diffusione ), l’attenuazione fornita dall’emulsione è indipendente dalla collimazione dell’illuminazione; un punto denso assorbe una grande porzione di luce e un punto meno denso assorbe una porzione più piccola, indipendentemente dalle caratteristiche direzionali della luce incidente.
Nonostante questo, con un ingranditore a luce diffusa si riporta il contrasto nella norma cvon i filtri, ma mantenendo inalterata l’attenuazione della grana, della polvere e di eventuali graffi presenti sul negativo
I filtri VC e la carta Ilford Multigrade: la rivoluzione
“Il concetto originale è dovuto a Rudolf Fischer, che ha brevettato l’idea nel 1912, prima di continuare a inventare lo sviluppo del colore con gli accoppiatori di colore. Ma si è dovuro aspettare fino al 1940, quando Ilford lanciò Multigrade, perchè il mondo vedesse la prima realizzazione commerciale di tale un prodotto. Il nuovo materiale rivoluzionario è stato annunciato da Frank Forster Renwick in un documento consegnato alla Royal Photgraphic Society nel maggio di quell’anno. Nel suo sommario, Renwick ha descritto Multigrade come dotato di qualità “magiche” in quanto coprirebbe quasi tutte le varianti delle carte a contrasto fisso fino a quel tempo commercializzate e che erano stati di uso comune e avrebbero dato una serie infinita di contrasti per soddisfare tutti i ti pi di negativi da stampare
Alla Photokina del 1978 Ilfrod annuncia la prima carta Ilfospeed Multigrade. Attualmente non solo Ilford, ma anche altre aziende, come Rollei, propongono carte a contrasto varabiale sia baritate che politenate, e tutte asservibili innanzitutto ai kit di filtri proprietari ilford attualmente in commercio: il kit della prima immagine è composto da 12 filtri che si inseriscono singolarmente nel cassetto portafiltri dell’ingrandiotre e permettono di ottenere le gradazioni dalla 00 fino all 5 con incrementi di mezza gradazione. A destra un altro kit, ancora in produzione, sempre composto da 12 filtri ( + un filtro rosso inattinico ) inserite in un kit che permett di montare i filtri al di sotto dell’ottica da ingrandimento, sono quindi filtri ottici, DIFFERENTI dal kit da inserire nel cassetto portafiltri, e anch’essi in grado di ottenere gradazioni di contrasto da 00 fino a 5 con incrementi di mezza gradazione. Sono compatibili con TUTTI gli ingranditori e con TUTTE le ottiche disponibili in commercio.E’ il sistema attualmente ancora più conveniente e non poco efficace per trasformare un comune ingranditore in un ingranditore VC. E’ addirittura possibile, per chi ne ha le capacità, sostituire le varie gradazioni durante l’esposizione della stessa stampa mentre vengono eseguite mascherature o bruciature.
Gli ingranditori a luce diffusa con testa colore
Semprr parlando di bianco e nero, adesso entriamo nel mondo degli ingranditori a luce diffusa che, come sopr’anzi spiegato, utilizzano come sorgente di illuminazione una lampada dicroica da 12v con relativo trasformatore e una potenza in watt variabile da ingranditore a ingranditore, la luce, anzichè riflessa da uno specchio e concentrata sul fotogramma da uno o più condensatori, finisce in un box di miscelazione che la rende morbida, ma non per questo restituisce immagini morbide. Nel box di miscelazione sono di soliti annegati i filtri colore, ovvero il cyano, il magenta e il giallo; miscelando opportunamente i filtri giallo e magenta è possibile ottenere tutte le sfumature di contrasto di una vera testa bianco e nero a contrasto variabile. Eventuali granelli di polvere presenti sul negativo sono meno evidenti, mentre il calore generato dalla lampada è assimilabile a quello della lampada a incandescenza degli ingranditori a condensatori. In questo periodo sia per gli ingranditori a condensatore che a luce diffusa si sanno cercando alternative nel mondo delle lampade LED, sia per un risparmio energetico che per una quasi totale soppressione del calore. Ma non tutte le lampade sono uguali: i filtri rispondono correttamente quando la temperatura di colore della lampadina è intorno ai 4.000°K.
QUI trovate la tabella di conversione Ilford per l’utilizzo delle carte Multigrade con diverse teste a colori
Gli ingranditori a luce diffusa con testa a contrasto variabile.
Qui nello specifico prendiamo come esempio ancora il Durst M 670 VC. Al suo interno incorpora un filtro dicroico giallo e uno magenta, comandati da un unico selettore che permette di variare senza soluzione di continuità il contrasto da 00 fino a 5. Permette di stampare fino al formato negativo 6×7 ed è corredato da un portanegativi in metallo dotato di quattro lame di intercettazione della luce residua. La testa è addirittura più piccola di quella di un Durts M601, il quale arriva al solo formato 6×6 e non ha la testa a luce diffusa VC. A mio parere è uno dei migliori ingranditori Vc al mondo.
Ecco il fondale X-Drop montato, visto da dietro, e pronto per lo shooting.
Il portanegativi
Il portanegativi del Durts M 670 VC, come per altri modelli, è costruito in robusto metallo e dispone di quattro lame regolabili per intercettare la luce che fuoriesce dal negativo al di fuori del fotogramma così da evitare da ingrigire la carta con riflessi indesiderati. Il sistema di attacco dei cristalli di spianamento del negativo, o delle mascherine, a differenza di modelli precedenti, è formato da due tacche in metallo inamovibili e un lamierino in acciaio armonico sotto il quale si punta il cristallo o la mascherina prima di allinearla sotto ai puntali. Nei modelli precedenti non c’era il lamierino ma una sorta di ghigliottina regolabile che rendeva più preciso e meno rischioso verso potenziali sbeccature il posizionamento dei cristalli.
Nella parte terminale del portanegativi sono posizionati due puntali in metallo a scorrimento, in posizione arretrata consentono di inserire nel portanegativi i negativi in formato 120, spostati verso il centro servono per posizionare perfettamente al centro del fuoco dell’obiettivo sottostante i negativi in formato 24x36mm.
Cristalli o mascherine delimimitatrici di formato?
Io preferisco di gran lunga i cristalli: quando cambio formato di negativo non devo ogni volta sostituire le mascherine di metallo; inoltre le mascherine di metallo non tengono il negativo perfettamente piano e inoltre portano via almeno un millimetro di fotogramma per lato, oltre a impedire di leggere il numero del fotogramma e, volendo, di includerlo nella stampa finale, magari in alcuni casi insieme all’immagine della perforazione della pellicola – nel formato 135 – Inoltre con le mascherine non è possibile ottenere sulla stampa finale il bordo nero intorno all’immagine del fotogramma che sottace il fatto che è stato stampato l’intero negativo senza alcun ritaglio, ovvero che l’inquadratura è perfetta – anche se ci sono modi “subdoli” per far apparire ugualmente il filo nero. Il cristallo inferiore su cui appoggia l’emulsione è perfettamente trasparente, quello superiore è mordenzato- guardando attraverso l’immagine risulta annebbiata – come si nota dalle due immagini, o per aver subito un insulto chimico o meccanico; questo serve per evitare che la superficie lucida della pellicola aderisca, pur in modo reversibile al cristallo, formando sulla stampa i temibili e irreversibili anelli di Newton. Molti utenti lascaino il cristallo inferiore e posizionano la mascherina adeguata sulla parte superiore, per evitare di avere troppe superfici sulle quali potrebbe annidarsi polvere; ma in questo modo, come già spiegato, una parte del fotogramma viene sacrificata e la pellicola non è mai, soprattutto il formato 120, perfettamente pianparallela in ogni suo punto al foglio di carta sensnibile sottostante.
Gli anelli di Newton
Il fenomeno degli anelli di Newton, che prende il nome da Isaac Newton, è una figura di interferenza dovuta alla rifrazione della luce tra due superfici: una sferica e l’altra piana, adiacente alla prima.
Quando il fenomeno viene prodotto mediante luce monocromatica, si osserva una serie di anelli concentrici, alternatamente chiari e scuri, centrati nel punto di contatto tra le due superfici.
Quando viene prodotto mediante luce bianca, si osserva una distribuzione di anelli aventi i colori dello spettro visibile, ovvero gli stessi dell’arcobaleno. In questo caso, infatti, le differenti lunghezze d’onda che compongono la luce interferiscono in corrispondenza di diversi spessori dello strato d’aria tra le due superfici.
Gli anelli chiari sono prodotti dall’interferenza costruttiva tra i raggi di luce riflessi da entrambe le superfici, mentre gli anelli scuri sono prodotti dall’interferenza distruttiva.
I filtri VC all’opera
Nella prima immagine osserviamo un negativo 24×36 ingrandito sul marginatore e già focheggiato, con il diaframma dell’obiettivo da ingrandimento a tutta apertura e i filtri di contrasto disinseriti.
nella seconda immagine lo stesso negativo con il filtro giallo 00 inserito: massima morbidezza
nella terza immagine lo stesso negativo con il filtro magenta 5 inserito: massimo contrasto
L’altezza delle colonne
Qui vediamo la differenza di altezza, tra la colonna del Durst M670 Vc che arriva a un metro e il Durst M 601, che arriva a 76cm. Questa differenza si traduce, naturalmente in una maggiore capacità di ingrandimento del Durst M670 VC, senza la necessità di dover ruotare la testa di 90° e proiettare a parete, o invertire la colonna di 180° e proiettare l’immagine a pavimento
Le ottiche da ingrandimento
Le ottiche da ingrandimento hanno di norma un attacco filettato da 39 o da 25mm. Per montarle correttamente ci vuole l’apporpiata rondella portaottiche che si fissa sotto il soffietto. Alcune rondelle sono piatte, altre rientranti, altre fuoriescono, a seconda del tipo di focale.
Le focali partono dal 35mm ma si usa di solito il 50mm per il formato 24x36mm, l’80mm per i formati 6×4,5 e 6×6, il 105mm per il formato 6×7, il 150mm per il formato 6×9 a 10×12 cm.
Tra i brand più blasonati abbiamo le tedesche Schneider Kreuznach e Rodenstock. Ciascuna propone obiettivi di vario livello qualitativo dall’entry level – si fa per dire – al top di gamma. Più un’ottica è luminosa e più è agevole la messa a fuoco col focometro; a prescindere dal diaframma più aperta di norma un’ottica da ingradimento si chiude al massimo di due stop, DOPO AVER CORRETTAMENTE INGRADNITO E FOCHEGGIATO – per migliorare in generale la nitidezza dell’ottica e , grazie alla relativa profondità di campo indotta dalla chiusura sel diaframma, migliora anche la qualità centro/bordi della stampa qualora la testa non fosse perfettamente pian parallela all’ingranditore o per qualsivoglia motivo la carta non fosse perfettamente pianparallela. Raccomando CALDAMENTE di acquistare ottiche dotate di diaframma retroilluminato, in modo da poterlo aprire e chiudere in modo corretto anche al buio. Alcune ottiche hanno la possibilità di sganciare il meccanismo di apertura e chiusura a scatto in mezzi stop, per poter muovere la ghiera dei diaframmi senza soluzione di conitnuità, ve lo sconsiglio caldamente: basta riposizionare il diaframma dopo il provino a 1/3 di stop in più o in meno per invalidare completamente la corretta esposizione della carta.
Nrll’immagine qui sopra vediamo alcune ottiche Schneider sia con diaframmi retroilluminati che non, un’ottica Rodenstok per i negativi 10×12 e un Leitz Elmar 5 cm f/3.5 che, grazie all’attacco filettato 39, ho usato per stampare durante un mio precedente lavoro.
Gli obiettivi Scnheider Kreuznach
Ecco i datasheet di tutti gli obiettivi Schneider da ingrandimento attualmente in produzione.
Alcuni vengono anche utilizzati a livello industriale per controlli alfanumerici di qualità.
Gli obiettivi Rodenstock
Rodenstock è uno dei principali produttori al mondo di obiettivi fotografici di grande formato e ingrandimento. I livelli di qualità sono gli stessi di Schneider ma la gamma è più ampia. Come con Schneider, gli obiettivi da ingrandimento Rodenstock rientrano in diverse categorie denominate:
ROGONAR – entry level economico, 3 elementi ma stesso vetro di alta qualità
ROGONAR-S – 4 elementi. Rivolto a dilettanti più esigenti
RODAGON – 6 elementi. Obiettivo noto come “cavallo da lavoro” per dilettanti e professionisti esigenti
APO-RODAGON-N – La costruzione parte da Rodagon, ma si tratta di obiettivi corretto sul piano apocromatico, ad alte prestazioni
RODAGON-WA – Lunghezze focali più brevi, ma maggiore angolo dell’immagine per mantenere più vicini i controlli dell’ingranditore. Stesse prestazioni di Rodagon
Trovate maggiori informazioni QUI
Leitz rimane sempre Leitz
Anche Leitz – Leica per gli amici – , non è certo rimasta a guardare.
Nonostante non sia stata lei a inventare l’ingranditore – si è limitata a inventare il formato 24x36mm… !!! – già negli anni 30′ ingegnerizzò un ingranditore all’apparenza come gli altri, ma con la piccola, non insignificativa differenza – che era ( E’) sufficiente mettere a fuoco una volta, a prescindere dall’altezza della testa rispetto al piano dell’ingranditore, per poi mantenere lo stesso punto di fuoco al variare dell’ingrandimento, cioè muovendo la testa verso l’alto o verso il basso. Il tutto naturalmente con un brevetto meccanico. E non dimentichiamo, come descritto nel mio articolo sulla Leica IIIf che sempre in quel periodo aveva brevettata un accessorio per permettere di usare l’Elmar 5cm f/3.5 come obiettivo da ingrandimento consentendo la variazione del diaframma d’uso, diaframma che su quell’obiettivo è posizionato intorno alla lente frontale e che in ripresa si cambia usando… l’unghia. Non c’è niente da fare, sono sempre stati tre metri sopra il cielo, anzi, tre chilometri avanti agli altri.
Anche gli americani non sono stati a guardare: gli ingranditori OMEGA
Nel 1935, le fotocamere di piccolo formato come Leica e Contax stavano diventando molto popolari. Il giovane Fred Simmon credeva che esistesse un mercato per un ingranditore domestico per competere con il Focomat di Leitz. Costituì una socità con i suoi due fratelli maggiori, Rudolph e Alfred, che si unirono a lui per produrre un nuovo ingranditore.
Alfred lavorara come ingegnere presso Westinghouse e ha svolto il lavoro di progettazione dell’ingranditore di notte e nei fine settimana. I primi ingranditori di Simmon Bros. erano pronti per la vendita nella primavera del 1936. Il prodotto iniziale era piuttosto ambizioso: un ingranditore da 35 mm, completo di treppiede di sostegno 8×10 regolabile, luce di sicurezza, timer e lente d’ingrandimento per la messa a fuoco, che si ripiegava in una custodia compatta ( !!! ). Alla ricerca di un marchio per i loro prodotti, sentirono che la lettera greca Omega suonava bene e che avrebbe fatto un logo adatto, e lo registrarono presso l’ufficio brevetti.
Quel primo ingranditore, chiamato “The Complete Enlarger”, si rivelò un po’ troppo ambizioso, poiché scoprirono che stavano perdendo soldi su ogni unità venduta, e rapidamente si spostarono su Omega “B” Enlarger progettando un’unità meno complicata, con un prezzo più basso . Nel 1937, introdussero l’ingranditore “Omega B”, che accettava negativi fino a 2¼ “x2¼”. Al prezzo di $ 65,00 senza obiettivo, ha ottenuto un consenso immediata con rivenditori e clienti, assicurando così il successo della giovane azienda.
Nel 1938 fu aggiunto alla linea un ingranditore da 35 mm, il “Modello A”, basato sul design del “Modello B”. A quel punto, Alfred potè lasciare la Westinghouse e unirsi ai suoi fratelli come socio alla pari dell’azienda.
Il 1939 si rivelò un altro anno cruciale per Simmon Bros. Nell’agosto di quell’anno, Kodak annunciò il loro prossimo “Ingranditore di precisione” da 2¼x3¼ “, che vantava più funzioni e accessori rispetto a” Omega B. ” I fratelli temevano che il nuovo ingranditore, supportato dalle enormi risorse di marketing e promozionali di Kodak, li avrebbe messi fuori mercato. Con uno sforzo enorme, hanno progettato e costruito l’ingranditore “Super Omega B” in soli tre mesi. Ha debuttato solo poche settimane dopo le spedizioni iniziali di Kodak e ha venduto abbastanza bene che Kodak ha lasciato cadere il “Precision Enlarger” dopo diversi anni.
In quell’epoca, le fotocamere Speed Graphic, che utilizzavano pellicole da 4 “x5”, erano le fotocamere preferite dai fotografi. Era logico, quindi, che Omega avesse un ingranditore che potesse adattarsi a quelle dimensioni di pellicola, quindi il “Modello D” fu introdotto nel 1939, seguito dal famoso D-II solo due anni dopo.
Durante la seconda guerra mondiale, la produzione di ingranditori per uso civile era vietata (!!! ), quindi il futuro dei loro 20 dipendenti era in dubbio. La compagnia riuscì a stipulare contratti con l’Esercito Signal Corp, che aiutò, ma non occupò completamente la forza lavoro. Si avvicinarono quindi e furono accolti dalla Marina degli Stati Uniti per produrre ingranditori da 5 “x5”, 7 “x7” e 10 “x10”. Inoltre, la società è stata incaricata di progettare una fotocamera da 2¼ “x3¼” per soddisfare i requisiti della Marina per le necessità di utilizzo in zone di combattimento. L’esperienza acquisita in questo progetto alla fine portò alla produzione di quella che divenne la fotocamera a pellicola Rapid-Omega, che introdusse il formato 6x7cm.
La fabbrica di Simmon Bros. era in una posizione ideale per riprendere rapidamente la produzione di ingranditori per appassionati dopo la guerra, e scoprì che il mercato più grande era ora per ingranditori 4×5, principalmente a causa del ritorno delle IG che avevano lavorato in camere oscure militari.
La fabbrica Omega ha continuato a prosperare negli anni ’50, introducendo la A2, una serie di ingranditori “B”, tra cui le versioni autofocus, una D2 migliorata, i modelli autofocus D3, 5×7 e 8×10 e Colorhead Chromega, un ingranditore con testa a colori. Negli anni ’60 Rudolph e Alfred erano sulla sessantina e i fratelli cercarono di assicurare il futuro di Omega. Nel 1964, quindi, Simmon-Omega divenne una divisione di Berkey Photo.
Fu durante questo periodo che l’azienda trasse vantaggio da un grande boom di interesse per la fotografia. La reflex da 35 mm, con sistemi di esposizione integrati, ha semplificato il processo di acquisizione di fotografie di qualità e ha ampliato il fascino della fotografia come hobby. Successivamente l’introduzione degli ingranditori con testa a colori e dei drum per lo sviluppo della carta colore hanno permesso a chiunque di realizzzare comodamente le proprie stampe a colori nelle camere oscure domestiche. Di conseguenza, anche le vendite di attrezzature per camera oscura salirono alle stelle. Ciò ha consentito ad Omega di introdurre numerosi nuovi modelli negli anni ’70 e nei primi anni ’80, tra cui D5, C67, B66, B600, C760 e D5500.
Inevitabilmente ci fu a quel punto una recessione . L’introduzione di laboratori fotografici ” ONE HOUR PHOTO”, videocamere, fotocamere 35mm e, infine, fotografia digitale, hanno avuto un effetto negativo sulle vendite degli ingranditori. Il mercato delle camere oscure è in generale calato quando gli hobbisti si sono rivolti ad altri interessi. Alla fine degli anni ’80, la Berkey Photo ebbe difficoltà finanziarie e fallì. Omega è stato successivamente acquistato da RT Corporation per diventare RT / Omega. Ci sono stati ulteriori cambiamenti mentre la società ha tentato di affrontare il mercato in evoluzione. Divenne Omega International, quindi, con l’acquisizione di Arkay Corp., Omega / Arkay. Durante questa era, la società ha progettato nuovi ingranditori 4×5 con sistemi di autofocus elettronico e un nuovo ingranditore 10×10 meno costoso. Furono costruiti prototipi, ma alla fine questi progetti furono abbandonati in quanto non sostenibili dal punto di vista commerciale, quindi alla fine non vi furono nuovi modelli di ingranditori introdotti dopo il periodo Berkey.
Nel 1995, Arkay fu rivenduta ai suoi precedenti proprietari e Omega acquistò la Satter Corporation per formare Omega / Satter. La richiesta di nuovi ingranditori ha continuato a calare nel nuovo millennio mentre OmegaSatter stava espandendo l’altro lato della sua attività, la distribuzione di accessori fotografici. OmegaSatter ha acquisito Brandess / Kalt nel 2010 per diventare l’attuale azienda, Omega / Brandess. Man mano che il mercato degli ingranditori continuava a ridursi, alla fine fu presa la decisione, e in silenzio, senza alcun annuncio formale, e dopo più di 75 anni, la produzione di ingranditori Omega fu interrotta.
Mentre i fratelli Simmon sono mancatida tempo, la loro eredità sopravvive nelle migliaia di ingranditori Omega ancora in uso oggi.
MEDITATE GENTE, MEDITATE….
L’indimenticabile Meopta
Quando iniziai a stampare, negli anni ’70, il mito era DURST, ma non tutti se lo potevano permettere. On molti usavano il mitico Meopta, un ingranditore prodotto in Cecoslovacchia, venduto in una valigetta che emanava odori sconosciuti a noi italiani con l’olfatto inebriato di grana Padano o Parmigiano reggiano, odori quasi nauseabondi prodotti da materiali e colle improponibili. Tra le cose Straordinarie di Meopta, oltre il prezzo, c’era il fatto che testa e colonna erano contenuti nella valigetta che diventava poi la base dellngranditore, qualcosa in odor di spia da Guerra Fredda, al pari di Minox ( ma che emanava ben altri profumi… )
Fondata nel 1933 a Přerov (Cecoslovacchia), con il nome Optikotechna, dal Dr. Alois Mazurek e dall’Ing. Alois Beneš, produsse inizialmente ottiche per ingranditori. La ditta assunse il nome attuale Meopta nel 1946. Dal 1992 iniziò la collaborazione con la “TCI” di New York (nata nel 1960 come “Tyrolit Company”), che divenne sua consociata nel 2005 con il nome “Meopta USA”.
La Meopta costruì ingranditori, binocoli, cannocchiali, telescopi, proiettori 35 mm, cineprese (progettate a Brno da Jindrich Suchanek) e proiettori per il passo ridotto, proiettori di diapositive e fotocamere.
A partire dagli anni sessanta la Meopta realizzò un visore stereoscopico chiamato Meoskop, una delle imitazioni più apprezzate e diffuse del ben noto View-Master statunitense. I dischetti prodotti per questo sistema, perfettamente interscambiabile con quelli View-Master, offrono uno spaccato della vita oltre cortina dagli anni sessanta agli anni ottanta.
DURST. ITALIA-MONDO 1-0
Come per Manfrotto, e per altri brand italiani, l’Italia ha battuto l’intero pianeta su diversi prodotti fotografici, non ultimi gli ingranditori.
Durst Phototechnik S.p.A. è un’azienda tecnologica con sede a Bressanone in Alto Adige, che produce nel mondo sistemi e tecnologie innovative per la riproduzione e l’elaborazione digitale di immagini, sia fotografiche che artistiche.
Ha altre sedi in Gran Bretagna, Francia, Germania, Austria e Stati Uniti. Nel 2004 il fatturato era di quasi € 50.000.000 ed un valore aggiunto di € 13 milioni. Questo è il risultato delle società controllate in Inghilterra e in Austria (2004: 30 milioni di €).
La storia dell’azienda nacque da un’idea dei fratelli brissinesi Julius e Gilbert Durst, nati da un padre pittore e da una madre, figlia di un ingegnere, che possedeva una camera oscura. Da qui la loro grande passione per la fotografia
Julius (1909-1964) era dei due l’inventore, avendo studiato presso l’istituto tecnico di Costanza, mentre Gilbert era il manager. Fin da piccoli coltivarono l’hobby di costruire ed inventare diversi oggetti.
Una delle loro prime invenzioni fu una macchina per la produzione automatica di cartoline illustrate, nel 1930.
Dopo quattro anni dall’apertura dell’azienda (1929), si resero conto che avevano bisogno di un maggior capitale, e la nota azienda di articoli in pelle “Alois Oberrauch und Söhne” si dimostrò interessata. Dal 1933, le due aziende iniziarono a collaborare, fondando nel 1936 la Durst Phototechnik AG.
In seguito nacque il problema di trovare uno stabile, e fu deciso di affittare il vecchio stabile abbandonato della birreria Seidner a Bressanone.
Da allora l’azienda ha prodotto nuovi brevetti e nuove invenzioni, come la prima macchina fotografica Durst, il modello Gil del 1938, la Duca del 1946, fino al 1953, quando si aprì la prima casa di distribuzione, presso Monaco di Baviera in Germania, Deutsche Durst GmbH. Il noto designer Otl Aicher creò il logo dell’azienda, tuttora utilizzato. Con la Automatica, nel 1956 si concluse l’era delle macchine fotografiche.
Nel 1960 si ha la morte del giovane Julius e il cambio di sede. Dopo il 1977 si ebbe la fondazione della Durst (UK) Ltd. presso Epsom in Inghilterra, nel 1976 Durst North America Inc. presso Tempe, in Arizona (USA), e nel 2005 in Messico
mmnn.
MAGICO BIANCO E NERO. ( IN SENSO LETTERALE )
Il mio primo ingranditore di produzione industriale non fu un Meopta, ma un Durst.
Il mio primo ingranditore, invece, tentai di costruirlo con parti di Lego e Meccano: mancando un condensatore e soprattutto un’ottica, i primi risultati furono psichedelici, avrebbero avuto un significato solo se firmati da Man Ray….
Poi passai a un vecchio diaproiettore in valigetta della Ferrania: proiettavo il negativo al posto della diapositiva sullo schermo incorporato sul lato interno della valigetta e feci le mie prime stampe quasi vere….
Potrebbe sembrare una buona notizia, ma poi, finalmente, mi ritrovai possessore di un Durst Magico, di nome ma non di fatto.
Si agganciava a un ripiano, incorporava il ripiano d lavoro mobile, ma non permetteva ingrandimenti superiori al 18x24cm. Tenete presente che negli anni ’70 il “gioco” consisteva nell’ingrandire ma nel senso letterario, come in Blow Up del grande Michelangelo Antonioni, ingrandire limitandosi al formato massimo 18x24cm, su carta a gradazione fissa e non di formato superiore perchè troppo costosa, ma il gioco consisteva appunto nell’ingrandire al massimo porzioni del negativo. Non potete immaginare la sofferenza che provai, quando misi le lani su questo Durst Magico, quando scoprii che non andava oltre un ingrandimento 18x24cm coprendo l’intero formato della carta. Ricordo che tenevo sotto all’obiettivo a corredo un secondo obiettivo, più osceno del primo, per aumentare gli ingrandimenti.
La svolta avvenne nel 1977 quando mio padre mi regalò un Durst M601 – usato ma tenuto meglio che nuovo – che ancora posseggo, insieme ai due Componon 50mm e 80mm e che funziona ancora PERFETTAMENTE.
A distanza quasi di decenni posso dire con orgoglio, che per motivi di cui è superfluo rendervi partecipi, la Durst mi donò un M 670 VC che rimane tutt’ora il MIO INGRANDITORE, e che non cambierei con nessun altro ingranditore al mondo, sia perchè è stato un DONO con la D maiuscola ( D di dono, D di Durst… ) che perchè lo ritengo il migliore e più compatto ingranditore 6×7 cm al mondo.
Oggi si trovano centinaia di ingranditori usati in Rete, alcuni validi, altri – esperienza personale recente di un mio caro amico – con problemi irripararabili.
Ed è per questo che vi suggerisco, quando e se potete, di comprare ingranditori usati NON prima di averli visti e toccati, anche da privati, raramente da negozianti italiani – sono in pochi a trattarli. Credo che in Italia il “negozio” che ancora oggi propone il maggior numero di ingranditori usati ricondizionati e con garanzia sia la Punto Foto Group di Milano, già Karl Bielser, azienda fondata oltre settant’anni fa, quindi piuttosto affidabile.
Poiché il mercato fotografico si è ormai ampiamente spostato dalla tecnologia analogica alla tecnologia digitale, molti produttori non producono più ingranditori . Durst, che ha realizzato ingranditori di alta qualità, ha smesso di produrli nel 2005, ma supporta ancora modelli già venduti.
I produttori vecchi e nuovi includono:
Agfa
Beseler
Bogen
De Vere
Durst
Dunco
Fuji
Gnome Photographic Products [5] [a]
Kaiser Fototechnik
Kienzle Phototechnik
Kindermann
Klatt
Leitz
Liesegang
Linhof
LPL
Lucky (ora di proprietà di Kenko)
Meopta
Omega
Ōmiya Shashin-yōhin K.K.
Paul Teufel & Cie Photogerätebau
Solare
E qui depongo la penna, confermandovi che tanto per le fotocamere, anche per gli ingranditori anche se non esiste più una produzione, esiste un mercato di prodotti usati che ci, ma soprattutto VI consentono di intraprendere o continuare la strada argentica senza problemi, come è vero che nel 1970 l’Italia battè la Germania 4-3
Buona luce e buon buio
Gerardo Bonomo